Mai prima d'ora è stato così urgente che anche la scienza guidi la politica. E la lezione scientifica della pandemia COVID-19 implica la necessità di abbracciare una conversione verde dell’economia – il Green Deal già concepito dall’Europa - per creare società più resilienti. Si tratta infatti di politiche che incidono positivamente allo stesso tempo su tutte le dimensioni più rilevanti del benessere: attività economica, occupazione, sostenibilità ambientale, equilibrio tra lavoro e vita privata e, non ultima, la salute. Occorre quindi guardare in una prospettiva non solo “ecologista” a un post-COVID europeo imperniato sulla svolta verde. È una risposta non solo al collasso dell’ecosistema ma anche al benessere e alla sicurezza sanitaria dell’umanità, perché una natura in equilibrio tutela la salute in tutte le sue dimensioni.
Ma con un'altra lezione fondamentale da trarre: la salute e l'ambiente non conoscono confini. Le pandemie globali, il cambiamento climatico e l'inquinamento, oltre a interagire distruttivamente, hanno in comune il non poter essere contenuti dalle frontiere nazionali. Qualsiasi risposta deve cercare di includere tutti, perché ogni singola nazione lasciata indietro crea un potenziale anello debole, un focolaio di contagio, per tutti. A partire dal nostro ampio vicinato mediterraneo, con cui l’Europa condivide contatti di intensità elevatissima, ma in un contesto di ingiusta asimmetria nella distribuzione di risorse e capacità. Un divario pericoloso e da correggere, poiché la debolezza degli uni, diviene debolezza degli altri. È una semplice questione di contagio.
Inquinamento e salute
Esistono molti collegamenti comprovati tra degrado ambientale e salute. Le ricerche più recenti riguardano l'inquinamento. Negli studi epidemiologici è ampiamente riscontrato che l'esposizione a lungo termine al particolato (PM10 e PM2,5) favorisce sviluppi infiammatori e avversi delle malattie respiratorie che portano a polmonite, ricoveri ospedalieri di emergenza e infine alla morte. Il COVID-19 innesca proprio malattie respiratorie e polmoniti, e riscontri empirici preliminari da circa 3000 dati giornalieri provenienti dalle province italiane identificano una significativa associazione tra esposizione a lungo termine al particolato, contagio e malattie da COVID-19. Riscontri simili giungono da uno studio di Harvard su circa 3.000 contee statunitensi.
È urgente allora agire, nella direzione già tracciata dall'OMS, per ridurre il PM nelle nostre città: ma non solo in Europa. Entro il Mediterraneo un approccio a livello regionale è essenziale ed è integrato nelle strategie della sua principale organizzazione regionale, l'Unione per il Mediterraneo (UpM). Essa anzitutto – in base al Primo Rapporto scientifico su clima e Mediterraneo promosso dalla stessa UpM - suona l’allarme sui rischi: alcune fra le città povere più inquinate sono nell’area, mentre l’acceleratore di crisi sanitarie rappresentato dal riscaldamento globale affligge il nostro mare in misura anomala, con un riscaldamento del 20% più veloce rispetto alla media globale. Ma l’UpM sottolinea soprattutto le opportunità: possiamo innescare un ciclo di co-benefici armonico, rapido, e potente impegnandoci in una conversione a livello regionale verso l'economia verde. Un ciclo che, mentre protegge assieme natura e salute, porta rapida ripresa equamente distribuita nelle economie.
Proteggere l’ambiente e le fasce sociali più deboli
La lezione scientifica della pandemia ha anche aspetti politici. Proprio come l'orizzonte di uno sviluppo più sostenibile, una svolta verde non è né decrescita né, al contrario una crescita indiscriminata, che trascura le esternalità sociali e ambientali negative. Circa il 94% delle emissioni di PM primarie e secondarie dipende dall'azione umana e, più specificamente, dalle nostre scelte di riscaldamento, trasporto, fonti di energia e tecniche di produzione industriale e agricola. Se vogliamo creare società resilienti dopo la pandemia, occorre un forte sostegno fiscale per rafforzare gli investimenti verdi - dematerializzazione, digitalizzazione, efficienza energetica - a partire dalle aree più colpite e più inquinate che sono sproporzionatamente concentrate nelle comunità più povere. Ne deriverebbe salute ma anche un salutare rilancio dell’economia.
Si stima che l'inquinamento atmosferico causi circa 7,2 milioni di morti all'anno, di cui 1,6 milioni dovuti alla polmonite. Ma le cifre riflettono anche un crudele legame tra degrado ambientale e ingiustizia: circa il 90% dei decessi dovuti all'inquinamento si verifica in regioni a basso o medio reddito, che ancora non possono permettersi soluzioni più pulite. E la loro debolezza diviene rischio per tutti: anche COVID-19 ci ricorda la lezione fondamentale, che la nostra regione – assieme all’intero globo - è forte solo quanto i suoi cittadini più indifesi sono difesi da tutti.