Si fa presto a parlare di Report di sostenibilità. Ma non tutti i Report sono eguali tra loro. Un conto è scegliere con cura alcuni dati (magari mettendo in secondo piano quelli meno spendibili) per giocarseli abilmente sul tavolo della comunicazione. Un altro è consegnare tutti i propri incartamenti a un soggetto indipendente rinunciando a qualsiasi filtro. Ed è stata proprio questa la scelta effettuata da Ecopneus, società consortile senza scopo di lucro costituita da produttori e importatori di pneumatici allo scopo di garantire la raccolta, il recupero e il trattamento degli pneumatici fuori uso (Pfu).  “Abbiamo percorso la strada della completa trasparenza”, sottolinea Giovanni Corbetta, direttore generale di Ecopneus. “E abbiamo dato le chiavi del nostro archivio agli analisti della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile affinché sviluppassero il Report in totale autonomia.”

La scelta della trasparenza è un elemento importante che ci aiuta a comprendere la filosofia di Ecopneus, società consortile che gestisce oltre il 65% dei Pfu in Italia. Il nuovo Report, infatti, non si limita a illustrare le performance ambientali del sistema consortile. Così come non rimane solo all’interno di una logica di economia circolare per cui il consorzio deve assolvere agli obblighi di legge garantendo nel modo più efficace possibile il recupero dei Pfu. Al contrario il Report descrive un vero e proprio modello di green strategy che punta a costruire una filiera produttiva sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale. “L’obiettivo finale”, osserva Corbetta, “va oltre la soluzione di un problema, va oltre lo ‘smaltimento’ dei Pfu. L’obiettivo è far diventare questa un’industria che crea lavoro, sapere e prodotti sostenibili che concorrono alla sostenibilità del sistema paese”. 

Per capire di cosa stiamo parlando conviene fare un passo indietro. E ricordare che ci sono settori come la siderurgia che utilizzano il recupero degli scarti e dei rifiuti fin dall’epoca degli Etruschi. Ma non basta. Perché il rottame d’acciaio è un prodotto nobile, con un suo valore di mercato che lo inserisce a pieno titolo in una filiera produttiva. Mentre è da parecchi anni che si sono attrezzati in tal senso comparti come quello della plastica, della carta e del vetro. Per gli pneumatici non è così. È solo dal settembre del 2011, con l’introduzione del modello della responsabilità estesa del produttore di cui Ecopneus è un’importante realtà, che c’è una “regia” che spinge in modo sistematico per la valorizzazione dei Pfu, come “materia prima seconda”, dunque materia preziosa da valorizzare, non un rifiuto.

Forse è il caso di sottolineare come i principali risultati evidenziati nel Report di Sostenibilità di Ecopneus, anche se positivi, vadano valutati in una cornice più ampia. Partiamo comunque dai dati. Nel 2014 Ecopneus ha raccolto oltre 255.000 tonnellate di Pfu, equivalenti in peso a più di 28 milioni di pneumatici per autovettura provenienti da oltre 27.000 fra gommisti e altri operatori appartenenti al settore del “ricambio”: 165.000 tonnellate (64%) sono state avviate alla valorizzazione energetica e poco più di 91.000 tonnellate, pari al 36%, sono state avviate al recupero di materia. In realtà c’è di più. Nel Report, infatti, si mette in evidenza che conteggiando anche l’acciaio, gli ossidi e le ceneri che dopo il recupero di energia tornano alle acciaierie oppure entrano come componenti del cemento il recupero di materia balza al 59% e quello di energia si attesta al 41% includendo anche le fibre tessili che dopo la frantumazione degli pneumatici per ottenere i granuli o il polverino vengono inviati agli impianti per la valorizzazione energetica. 

Come afferma Corbetta, Ecopneus, pur preferendo il recupero di materia, invia le cosiddette “ciabatte”, le pezzature più grandi derivanti dalla frantumazione degli pneumatici, ai cementifici che le utilizzano come combustibile alternativo. Anche perché si tratta di una fonte di energia che sostituisce un combustibile fossile come il carbon coke. Comunque il bilancio ambientale 2014, misurato in termini di impronta ecologica, rimane largamente positivo: 344.000 tonnellate di CO2 equivalente evitate; 377.000 tonnellate di materie prime e 1,8 milioni di litri d’acqua risparmiati. 

 

 

A ogni modo Ecopneus, in sintonia con gli obiettivi dell’Unione europea, spinge con forza sul recupero di materia. Non a caso l’Ue chiede che entro il 2020 due terzi dei Pfu raccolti vadano al recupero di materia e un terzo al recupero energetico ribaltando le percentuali attuali. In questo quadro, come emerge dal Report, uno dei punti forti del sistema è la “la rete di partner su tutto il territorio nazionale” che lavora con Ecopneus “attraverso contratti di servizio”. Una filiera composta da “operatori della logistica e della frantumazione selezionati attraverso gare d’appalto su piattaforma informatica e sulla base di prerequisiti autorizzativi tecnici e di gestione avanzati e tesi al miglioramento continuo”. Di questa spinta verso la qualità recita ancora il Report, “la sostenibilità ambientale è una componente strategica costantemente integrata a ogni scelta aziendale”. 

In effetti Ecopneus fa più di quanto è richiesto dalla legge. Una direzione di marcia che non risponde a una convenienza economica ma a una scelta etica. Facciamo un esempio: nel 2014 Ecopneus ha superato del 13% il target di raccolta definita per legge. Se parlassimo di un’azienda questo risultato sarebbe positivo e verrebbe supportato da un aumento dei ricavi. Per Ecopneus non è così; vediamo perché. Per legge la società deve garantire una raccolta pari alla quantità di pneumatici nuovi immessi sul mercato dai suoi soci l’anno precedente alla raccolta e su questa base si calcolano i ricavi che rimangono immutati anche se si raccolgono quantità superiori. Nel 2014 il target di legge era di circa 222.000 tonnellate mentre ne sono state raccolte 255.000: un risultato ottenuto grazie a una rete capillare e alla buona gestione della raccolta che ha fatto recuperare oltre 30.000 tonnellate di Pfu in più rispetto all’obiettivo di legge. 

 

 

La green strategy di Ecopneus emerge anche sul piano del recupero e del riutilizzo dei Pfu. Nel biennio 2013-2015, infatti, il sistema consortile ha investito 14 milioni di euro in progetti e attività di sostegno al mercato e alle aziende dei prodotti e delle applicazioni in gomma dei Pfu. L’obiettivo: migliorare la conoscenza di un materiale di cui non sempre si conoscono le caratteristiche tecniche e le possibili applicazioni. Osservano gli estensori del Report: “Gli asfalti gommati, per esempio, sono realizzati mescolando bitumi e conglomerati tradizionali con polverino Pfu. Estremamente durevoli e performanti spesso scontano  una forte diffidenza da parte dei tecnici del settore  – nonostante vengano impiegati con ottimi risultati in altri paesi – che può essere superata con l’avvio di sperimentazioni a livello locale”. 

“Ecopneus in Italia”, commenta Corbetta,  “sta facendo uno sforzo enorme, in parte  richiesto dal legislatore come missione  dei soggetti consortili, in parte derivante dal nostro approccio strategico, per sostenere lo sviluppo  di un’economia circolare, per aprire nuovi  mercati e nuove soluzioni applicative per  i prodotti – granuli e polverini – derivanti dal riciclo dei Pfu. Stiamo parallelamente cercando di far virare la filiera verso una sostenibilità ambientale e sociale aiutando le imprese del nostro network a monitorare, ottimizzare, ridurre i consumi; a migliorare la quantità dei prodotti e la capacità di collocazione degli stessi sul mercato; a rappresentare anche dal punto di vista occupazionale e sociale una filiera ‘sana’”. 

Quanto ai conti di Ecopneus sono due gli elementi strategici evidenziati dal Report. Il primo riguarda i benefici per il paese: 105 milioni di euro dovuti alla riduzione della domanda di materia prima vergine, per oltre il 90% legati al recupero della gomma. Riguardo il secondo, cioè “alla gestione delle risorse che sostengono il sistema”, il Report osserva che “Ecopneus opera con il massimo rigore e trasparenza: nel 2014 il valore economico distribuito è stato di 66,7 milioni di euro per il 90% distribuito alle aziende della filiera per i loro servizi di raccolta, trasporto e trattamento dei Pfu”.