Nell’immaginario comune, l’acciaio è il metallo (più precisamente una lega) indistruttibile per eccellenza. D’altronde non è un caso se appartiene a quei materiali, come il vetro e l’alluminio, che vengono detti permanenti: una volta prodotto, infatti, può essere riciclato per un numero infinito di volte. E come ricorda lo stesso Domenico Rinaldini, presidente di Ricrea, “l’acciaio è il materiale da imballaggio più riciclato al mondo”.

E, in un mondo che evolve sempre, sempre più numerosi si fanno gli esempi che dimostrano come questo materiale riesce ad adattarsi.

Una delle notizie più recenti che lo riguarda è quella dei contenitori di design per portarsi a casa il cibo avanzato al ristorante. Un’idea che – sotto il nome di family bag – ha visto l’acciaio con il consorzio Ricrea essere partner del ministero dell’Ambiente e Unioncamere Veneto, incluso tutto il sistema Conai e altri consorzi di filiera. Lo scopo è quello di sensibilizzare i cittadini a ridurre gli sprechi alimentari, evitando che gli avanzi finiscano nella spazzatura.

“Mi sono impegnata personalmente per avviare questo progetto, che rappresenta un passaggio culturalmente importante per tutti gli italiani – spiega Barbara Degani, sottosegretaria al ministero dell’Ambiente – family bag rappresenta l’upgrade delle doggy bag, affrancando, attraverso contenitori sicuri e di design con estetica curata, questo concetto dal nostro immaginario e dal pudore di richiederlo a fine pasto. Non sprecare deve essere un nuovo stile di vita italiano”.

Ma il legame che unisce l’acciaio al food si esplica anche in altre forme. E da molto più tempo, come racconta Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav, l’Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali: “Il barattolo di acciaio, che garantisce la salubrità del prodotto e la sicurezza alimentare per i consumatori, è da 150 anni il contenitore più utilizzato dalle nostre aziende per i derivati del pomodoro. Oltre a conservare le caratteristiche nutrizionali e organolettiche del prodotto, è anche assolutamente sostenibile, garantendo una totale riciclabilità”. 

Per fare un esempio, nel nostro paese, i contenitori in acciaio – soprattutto barattoli – utilizzati ogni anno per la produzione dei derivati dal pomodoro sono 3,5 miliardi: messi uno dietro l’altro corrisponderebbero a 700.000 km, cioè 15 volte il giro della Terra.

Per altro il connubio pomodoro-acciaio ha portato, nel dicembre scorso, all’organizzazione di una mostra-evento tenuta alla Città della Scienza di Napoli e dedicata proprio alla storia della conservazione dei pomodori in questo metallo.

 

 

 

L’aspetto educativo in questo contesto assume, dunque, un’importanza particolare. A Pollenzo, in provincia di Cuneo, per esempio, dove ha sede l’Università di Scienze Gastronomiche voluta da Slow Food, Ricrea ha fatto formazione e dato “lezioni di scatolette”. In effetti la comprensione di come e perché si usino dei contenitori di un certo tipo e non altri può non essere così scontata e, allo stesso tempo, rivelarsi una nozione importante per chi un domani dovrà maneggiare il cibo per professione.

Per Giovanni Cappelli, consigliere di amministrazione del Consorzio Ricrea e direttore di Anfima, l’Associazione che riunisce i produttori di imballaggi metallici e affini, l’incontro fra acciaio e cibi, storicamente, non è stato un caso. “Ciò fu possibile, e lo è ancor più oggi, – spiega – perché il barattolo metallico per alimenti è ermetico, pratico, conservabile a temperatura ambiente; è resistente, sicuro e infrangibile, protegge il contenuto da aria e luce, non necessita di particolari accorgimenti per la conservazione e assicura una più lunga shelf life. Inoltre la sua caratteristica di essere riciclabile all’infinito ne fa il re degli imballaggi sotto l’aspetto della salvaguardia ambientale”. “La scatoletta – continua Cappelli – è una vera propria ‘cassaforte della natura’ e il packaging con i tassi di spreco più bassi, prossimi allo zero. Grazie a tutte le sue proprietà, l’impatto ambientale dei contenitori di acciaio per alimenti si è ridotto in media del 30%”.

D’altronde le nostre cucine ben conoscono quanti e quali alimenti viaggiano da sempre nelle scatolette d’acciaio: dal tonno alla frutta sciroppata, dal caffè ai pomodori pelati, fino a dolci e liquori. Persino fusti e aerosol in acciaio, all’inizio appannaggio di altri settori, data la loro versatilità e sicurezza sono diventati nel tempo utili contenitori se non veri e propri utensili per l’uso di alimenti. Per non parlare dei tappi a corona della birra, delle tante capsule di vario tipo per bottiglie e vasetti di vetro o dei coperchi a strappo così detti easy open.

A proposito dei contenitori in acciaio si racconta una storia, accaduta sul serio, durante la guerra di Crimea. Siamo alla metà dell’Ottocento, più precisamente fra il 1853 e il 1856, al tempo chiamata Guerra d’Oriente: da una parte erano schierate la Francia, il Regno Unito, il Regno di Sardegna e l’Impero Ottomano, dall’altra la Russia. La ragione ufficiale del contendere era il possesso di luoghi santi in terra ottomana. Ovviamente le ragioni politiche erano tutt’altre, ovvero il timore di un’espansione della Russia nel Mediterraneo. In questo spaccato di storia, la scatoletta di acciaio per i cibi svolse un ruolo importantissimo. Fu assai apprezzata e sfruttata sui campi di battaglia perché veniva considerata uno strumento insostituibile per il vettovagliamento. In particolare i soldati inglesi riuscirono a scongiurare il pericolo di contrarre lo scorbuto mangiando in sicurezza. 

 

 

Anicav, www.anicav.it

Anfima, www.anfima.it

Info

www.consorzioricrea.org

Immagine in alto: Nook Fulloption/The Noun Project

 

Tutte le plastiche per il food

Sarebbe sufficiente ricordare che oggi – secondo il Corepla, Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il recupero degli imballaggi in plastica – grazie al continuo sviluppo di nuove tecnologie è possibile realizzare bottiglie in Pet con il 50% di materiale riciclato.

Sono numerosissimi gli imballaggi in diverse tipologie di plastica che entrano nelle nostre case come contenitori per cibi o bevande. Queste le più usate.

Il polietilene tereftalato, della famiglia dei poliesteri, per le sue caratteristiche di trasparenza, resistenza e barriera ai gas, è usato soprattutto per la fabbricazione delle bottiglie per bevande gasate e per la realizzazione delle vaschette per alimenti.

Il polietilene (Pe) è il più semplice tra i polimeri sintetici ed è la più comune fra le materie plastiche. Si tratta di una resina termoplastica particolarmente adatta alla produzione di barattoli e contenitori rigidi. Viene utilizzata, per esempio, per i flaconi dei detersivi ma anche per i contenitori di alimenti. E in polietilene spesso sono anche i tubi per il trasporto dell’acqua.

Il polietilene a bassa densità (un’altra termoplastica della famiglia dei polietileni) trova applicazione soprattutto nella produzione di manufatti flessibili come film e pellicole – da cui derivano anche sacchetti e buste – utilizzati sia per gli imballaggi, sia in agricoltura.

Il polipropilene isotattico, ancora una termoplastica, è la famosa invenzione del premio Nobel Giulio Natta commercializzata negli anni ’50 e ’60 con il nome di “moplèn”. Questa plastica è una delle più comuni, utilizzata per gli articoli casalinghi e giocattoli, ma anche per molti imballaggi sia rigidi (barattoli, flaconi) sia flessibili (film per imballaggio automatico).

Infine il polistirene, più noto come polistirolo, è un altro polimero (dello stirene) di grande successo, usato dagli imballaggi alla produzione di stoviglie usa e getta.

Secondo Corepla, nel 2015 sono state riciclate circa 900.000 tonnellate di rifiuti di imballaggi in plastica provenienti dalla raccolta differenziata. A questo numero vanno aggiunte 327.000 tonnellate derivanti dal riciclo indipendente. Sono state inoltre recuperate 324.000 tonnellate di imballaggi che ancora faticano a trovare sbocchi industriali verso il riciclo meccanico e il mercato e hanno prodotto calore ed energia pulita.

Info

www.corepla.it

 

 

Perché vino e olio si sposano con il vetro

Cosa hanno in comune vino e olio? In primis, sicuramente il fatto di essere due prodotti iconici del made in Italy, molto amati (e consumati) in Italia e oltre confine. Secondo, l’imballaggio. In entrambi i casi, infatti, il materiale principalmente utilizzato per la loro conservazione è il vetro.

Il perché è stato recentemente illustrato in un convegno di Assovetro durante il quale sono state presentate due ricerche condotte sull’utilizzo del vetro per contenere vino e olio, realizzate dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agroambientali dell’Università di Pisa e dal Dipartimento di Scienze e Innovazione tecnologica dell’Università del Piemonte Orientale – Alessandria.

Da entrambi gli studi è emerso come il vetro rappresenti un packaging insostituibile per mantenere inalterate tutte le sfaccettature del sapore di questi due prodotti, per proteggere le sostanze preziose per la salute, per isolarli dagli agenti esterni evitandone l’ossidazione e prolungare così la loro shelf life. Il tutto dando una mano anche all’ambiente, visto che la bottiglia di vetro – un materiale permanente – rappresenta un perfetto esempio di economia circolare.

Andando nel dettaglio, per il vino i risultati migliori riportati nella ricerca dell’Università di Pisa si sono avuti nelle bottiglie di vetro, chiuse con turacciolo di sughero, meglio se conservate in posizione orizzontale. Nel caso della preservazione delle proprietà dell’olio, la ricerca dell’Università del Piemonte orientale ha individuato come miglior packaging il vetro scuro.

Info

www.assovetro.it