Dall’Alaska giunge una buona notizia per la valorizzazione dell’ambiente artico e della cultura indigena. Sono numerosi i cittadini che stanno festeggiando la decisione dell’Agenzia per la protezione dell’Ambiente degli Stati Uniti (EPA) di bloccare l’apertura di nuove miniere nella regione. “La nostra gente a Bristol Bay è sollevata dopo l’annuncio dell’EPA”, ha dichiarato alla stampa locale Robin Samuelson, portavoce ufficiale della comunità indigena locale e leader della pesca artigianale della comunità nella baia sul Mare di Bering.
Salmone vs. rame
La decisione di opporsi all’apertura di ulteriori miniere in Alaska, all’interno di una zona ricchissima di salmone, consente alla comunità dei pescatori locali di poter festeggiare e guardare con ottimismo al proprio futuro. La determinazione degli attivisti e la risolutezza dell’Agenzia per la protezione dell’Ambiente nel vietare il rilascio di autorizzazioni minerarie nelle zone considerate critiche, ponendo attenzione alle esigenze delle comunità locali e alla pesca artigianale, ha generato un grande dibattito. I cittadini di Anchorage, grazie alla loro opposizione all’apertura di nuove miniere di rame e oro nella regione, incassano una vittoria importante anche sul lato economico, se si guarda alle entrate attualmente provenienti dalla pesca del salmone rosso e del salmone reale.
Il 70% dei salmoni reali dell’Alaska viene catturato dai pescatori nel fiume Copper e a Bristol Bay, siti conosciuti in tutto il mondo per l’importanza della pesca e per l’economia locale. La maggior parte dei salmoni reali viene catturata durante l’estate, nonostante la pesca con lenza al traino sia attiva anche durante il resto dell’anno nella regione sud orientale. Nei fiumi Yukon e Nushagak si verificano le più imponenti risalite di salmoni al mondo. Attualmente, l’Alaska è tra più grandi fornitori mondiali di pesce e frutti di mare pescati in natura.
Alaska, un modello virtuoso di pesca sostenibile
Il Paese è considerato un modello virtuoso nella gestione delle attività della pesca e la priorità degli operatori ittici locali è quella di fornire documentazione e applicazioni digitali per consegnare ai consumatori un prodotto di qualità, sostenibile e tracciabile.
Nel 2011, l’ente governativo Alaska Seafood Marketing Institute (ASMI) si rivolse alla Global Trust Ltd. al fine di esaminare e valutare la pesca commerciale secondo il codice di condotta per la pesca responsabile della FAO. Nel corso dello stesso anno, la Global Trust certificò la gestione responsabile della pesca del salmone dell’Alaska e dell’halibut, il cui sistema di cattura è diventato il secondo a ricevere la certificazione di sostenibilità. Ancora oggi, tale ecosistema rappresenta per il consumatore un’importante garanzia di verifica del prodotto e per i pescatori locali un marchio di eccellenza e sostenibilità da presentare ai compratori internazionali. Peraltro, la Costituzione dello Stato d’Alaska precisa che “i pesci e tutta la fauna ittica dovranno essere utilizzati, lavorati e conservati secondo i principi dell’ecosostenibilità”.
La pesca è rigidamente controllata in ogni sua fase: dalle zone, alle licenze (è consentita solo a chi ha ricevuto una licenza da un altro pescatore, che la cede, in quanto non vengono rilasciate nuove licenze), alle modalità di pesca e fino alle reti. Infatti, la quantità del pescato stagionale, nel periodo migliore per il suo consumo, garantisce le riproduzioni future. Mangiare il salmone nel periodo estivo aiuta anche a sostenere lo Stato dell’Alaska nella promozione e diffusione delle politiche di sostenibilità e tutela della pesca, del patrimonio liquido locale e del mare. D’altronde, il salmone dell’Alaska si nutre esclusivamente di ciò che offre il suo territorio di caccia. L’Alaska è una delle ultime roccaforti del salmone selvaggio e le sue acque ne ospitano le popolazioni più grandi e più sane del pianeta.
L’importanza della pesca e del salmone per l’Alaska aiuta a comprendere l’ostilità di una buona parte della popolazione e dei nativi contro le politiche dello stato che puntano all’apertura graduale di nuove miniere. Dinamiche che hanno avvicinato la popolazione locale alle politiche federali e al governo di Washington. Alannah Hurley, direttrice della United Tribes of Bristol Bay, un comitato di nativi e cittadini contro l’apertura delle miniere, ha dichiarato: “il governo federale è stato vicino alle nostre istanze più di quanto fatto da numerosi politici dell’Alaska. I politici dell’Alaska hanno rifiutato il confronto con le nostre comunità, invece le autorità federali hanno svolto un grande lavoro per bloccare le compagnie minerarie. I nativi di Bristol Bay hanno dovuto chiamare i propri leader nella capitale USA, nella speranza di essere ascoltati e ciò è realmente accaduto”.
Immagine: Austin Neill (Unsplash)