La scorsa settimana, durante la conferenza mondiale sull’acqua delle Nazioni Unite di New York, è stato lanciato il report elaborato dalla Commissione globale sull’economia dell’acqua (Global Commission on the Economics of Water), promossa dall’OCSE. Il report è stato al centro di tre eventi – presentazione, conferenza stampa e discussione con gli stakeholder – ed è patrocinato dal governo dei Paesi Bassi, che è anche tra i promotori della UN Water Conference. Si tratta quindi di un documento chiave per capire le direzioni auspicate, i contenuti e le problematiche affrontate nella conferenza delle Nazioni Unite.
Il come e il perché della crisi idrica globale
Il report completo uscirà nel 2024. Per ora è stato pubblicato un documento intermedio, intitolato The what, why and how of the world water crisis, che contiene dati e stato dell’arte sulla crisi idrica, e una “chiamata all’azione” (Turning the tide: a call to collective action), che sintetizza le soluzioni prospettate ed è stato il documento maggiormente discusso durante gli eventi di New York.
“Dobbiamo ripensare l’economia dell’acqua, in base alla nuova scienza sulla crisi climatica”, ha affermato durante la conferenza stampa Johan Rockström, professore di scienze ambientali noto per la sua ricerca sul clima e sui limiti planetari. “I problemi relativi all’acqua richiedono trasformazioni in tutti i settori dell’economia […] si tratta di cambiare il modo in cui produciamo, distribuiamo e consumiamo” ha aggiunto Mariana Mazzucato, economista conosciuta in particolare per il suo lavoro sullo Stato imprenditore e più recentemente sul settore della consulenza. Oltre ai due accademici, completano la presidenza della commissione Ngozi Okonjo-Iweala, economista e presidente della Organizzazione Mondiale del Commercio, e Tharman Shanmugaratnam, economista e Senior Minister di Singapore.
Una combinazione di accademici e decisori politici, scienziati esperti di economia e ambiente, rappresentanti del settore pubblico e privato, per affrontare una delle sfide più urgenti della nostra epoca, all’intersezione di cambiamento climatico e devastanti conseguenze sociali: la crisi idrica globale. Studiandone il come e il perché, la commissione di esperti propone una serie di soluzioni, raccolte nelle sette le linee guida diffuse dalla call to action.
Innanzitutto si raccomanda di considerare l’intero ciclo dell’acqua come un bene comune globale, che deve essere gestito con un approccio che parta dai risultati e che mobiliti tutti gli stakeholders. Come strumenti, il report indica modelli di partnership pubblico-privata guidati dai valori e dagli obiettivi pubblici (chiamate Just Water Partnerships) e il multilaterismo, incluso quello commerciale. Vengono anche date indicazioni più pratiche, come ridurre i sussidi all’agricoltura ad alto consumo idrico e l’importanza di assegnare un prezzo adeguato all’acqua.
Un confronto fra gli attori della governance dell’acqua
Sebbene il report utilizzi il linguaggio storicamente legato alle mobilitazioni contro la privatizzazione dell’acqua – termini come bene comune e azione collettiva – è stato criticato per la sotto-rappresentanza nella commissione di delegati dei movimenti stessi, ma anche dei popoli indigeni e dei lavoratori del settore.
In uno degli incontri a New York è stato però organizzato un confronto con gli attori coinvolti dalla governance dell’acqua, per iniziare un processo di consultazione globale che contribuirà al report finale. Tra gli attori istituzionali invitati all’incontro erano presenti rappresentanti delle autorità locali, dei popoli indigeni, del settore privato e della comunità scientifica, che hanno potuto esprimere il loro punto di vista sul report e sulla direzione che auspicano prenda.
I temi caldi discussi
Nel (poco) tempo dedicato alla discussione con il pubblico, sono poi stati sollevati alcuni temi caldi. In primis, i fallimenti della privatizzazione degli ultimi vent’anni e l’emergere di forme alternative di organizzazione dell’acqua come ri-pubblicizzazione e gestione di comunità. A livello concettuale, sono state poste domande sulla differenza tra prezzo e valore e sui rischi che emergono dalla relazione tra acqua e mercati finanziari. A livello pratico, è stata fatta notare l’assenza nel panel di rappresentanti di organizzazione del lavoro e di associazioni di contadini e piccoli agricoltori. E ancora, è stata posta la questione della qualità dell’acqua derivata dall’inquinamento industriale.
Sicuramente, per “cambiare il corso degli eventi” (‘Turning the tide’), la commissione dovrà affrontare le problematiche che sono state sollevate dagli attori coinvolti, istituzionali e non, in vista dell’attesa versione finale del report che uscirà il prossimo anno. Infatti, così come la conferenza delle Nazioni Unite, pur non essendo vincolante, il report avrà una certa influenza sia sulla comunità scientifica che sulle decisioni politiche.
Immagine: Elijah Hiett (Unsplash)