L’impiego continuo dei fertilizzanti chimici di origine fossile mette a rischio gli obiettivi di azzeramento delle emissioni nette nel Regno Unito. Lo sostiene la Soil Association, un’organizzazione non profit con sede a Bristol. Il messaggio giunge insieme a una petizione per chiedere al governo di Londra di elaborare un piano per il progressivo abbandono di questi prodotti in agricoltura.

La Soil Association, in particolare, chiede all’esecutivo di fissare un obiettivo di riduzione dell’uso di fertilizzanti sintetici aiutando gli agricoltori a metterne da parte l’impiego e sostenendo approcci rispettosi della natura a partire dall’agricoltura biologica.

L’agricoltura è ancora dipendente dal fossile

L’iniziativa contribuisce a risollevare il dibattito sul legame tra agricoltura e combustibili fossili. Queste fonti, infatti, vengono impiegate nell’estrazione e nella produzione di elementi e sostanze essenziali come idrogeno e ammoniaca che sono alla base dei fertilizzanti azotati stessi. Che, osserva la Soil Association, restano però estremamente problematici.

“Rilasciato sotto forma di protossido di azoto, che ha un potere di riscaldamento dell’atmosfera 300 volte superiore a quello della CO₂,″, il loro elemento basilare è un “fattore chiave del cambiamento climatico”, osserva l’organizzazione. Inoltre, la dipendenza dalle fonti fossili “rende gli agricoltori vulnerabili a grandi picchi di prezzo”. Oltre che alle conseguenze di eventi dirompenti sul fronte dell’offerta come, ad esempio, “l’invasione russa dell’Ucraina”.

Fertilizzanti nel mirino

Quello dell’uso dei fertilizzanti nei terreni globali resta un tema centrale. Lo scorso anno, il rapporto Global Assessment of Soil Pollution della FAO ha evidenziato come l’impatto delle attività umane più nocive sia cresciuto nel XXI secolo. Nel 2018, in particolare, i suoli del Pianeta hanno assorbito 109 milioni di tonnellate di fertilizzanti azotati sintetici. Un fenomeno che si affianca al crescente impiego dei pesticidi (+75% su scala globale tra il 2000 e il 2017).

I problemi, però, non sono confinati ai terreni. Un recente studio a cura di un gruppo di scienziati dell’Università di Nagoya, in Giappone, ha dimostrato ad esempio come l’azoto proveniente dal suolo contribuisca in modo decisivo alla contaminazione dei corsi d’acqua. E non senza conseguenze. “L’azoto è un nutriente essenziale per le piante e il fitoplancton”, hanno spiegato gli autori. “Ma livelli eccessivi di nitrati possono danneggiare la qualità dell’acqua, causare eutrofizzazione (l’eccessivo arricchimento di nutrienti) e comportare rischi per la salute degli animali e dell’uomo”.

Servono nuove soluzioni

Oggi, ha affermato il responsabile delle politiche agricole della Soil Association, Gareth Morgan, “l’agricoltura e il sistema alimentare sono responsabili di un terzo di tutte le emissioni di gas serra e, se non si affronta questo problema, il governo non ha alcuna prospettiva di raggiungere il Net Zero”. In questo contesto gli agricoltori possono tuttavia rispondere promuovendo la fertilità attraverso pratiche agricole rispettose che prevedono l’uso di fertilizzanti naturali e l’adozione di altre tecniche sostenibili, a partire dalle rotazioni colturali.

La Soil Association, infine, cita uno studio del think tank francese IDDRI, secondo il quale se l’Europa adottasse un sistema agricolo interamente biologico o agroecologico abbinato a cambiamenti chiave nella dieta delle persone, si sperimenterebbe una riduzione del 40% delle emissioni di gas serra. Metà di questo calo deriverebbe dall’abbandono dei fertilizzanti azotati a base fossile.

 

Immagine: Mirko Fabian, Pexels

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su resoilfoundation.org