Da oltre vent’anni CONAI, il Consorzio Nazionale Imballaggi, tiene le fila di un articolato sistema di consorzi di filiera che gestiscono e promuovono il recupero e riciclo di rifiuti da imballaggio in Italia. Acciaio, alluminio, carta, legno, vetro, plastica, bioplastica: una miniera di risorse da valorizzare per il bene dell’ambiente e dell’economia. Con il presidente di CONAI Luca Ruini, Materia Rinnovabile fa il punto sull’attività dei consorzi, sull’emergenza Covid e sugli sviluppi futuri.

Luca Ruini presidente CONAI2

Qual è il ruolo di CONAI nell’ambito del sistema dei consorzi di filiera attivi sul territorio italiano?
CONAI si occupa di riciclo e recupero dei materiali di imballaggio (acciaio, alluminio, carta, legno, plastica, bioplastica e vetro), mentre la selezione e la raccolta differenziata è a capo dei Comuni, che stabiliscono le regole per la gestione dei rifiuti sul territorio. Il nostro modello si basa sul principio della “responsabilità condivisa”, che coinvolge tutti coloro che producono e gestiscono i rifiuti, quindi le imprese, la Pubblica Amministrazione e i cittadini.
Il sistema dei consorzi è sussidiario al mercato perché i materiali già in parte hanno un loro destino. Uno dei compiti che CONAI si ripropone è quello di “aiutare” le aree più vulnerabili e più in ritardo nella progettare la raccolta differenziata. Queste aree si trovano per lo più al sud, ma anche alcune città del nord hanno grandi problemi, come per esempio Genova. Diamo supporto alla pubblica amministrazione attraverso la partecipazione alla stesura dei piani industriali: come viene effettuata la raccolta, quale percorso seguire per il porta a porta, dove posizionare i cassonetti, ma anche capire quali impianti e quali tipi di servizi sono necessari al territorio.
Ma il vero problema è che esiste una spaccatura, un divario, tra nord e sud per quanto riguarda il tema dell’impiantistica. La fase di riciclo e di lavorazione del materiale che richiede una seconda vita viene svolta principalmente al nord, negli impianti che sono posizionati nelle grandi aree industriali. Lo sviluppo e la realizzazione di impiantistica è quindi uno dei temi principali su cui si sta focalizzando Conai. Un nostro recentissimo studio mette a fuoco come al Mezzogiorno manchino 165 nuovi impianti, per poter raggiungere gli obiettivi europei di riciclo fissati per il 2030.

Rimanendo sul tema degli impianti, in Italia abbiamo spesso problemi a livello autorizzativo. Cosa è necessario fare per superare questo limite?
Principalmente servono competenze e dei meccanismi veloci di rilascio delle autorizzazioni da parte della pubblica amministrazione. Se chi deve rilasciare le autorizzazioni non ha le giuste competenze, o non ha chiaro come meglio redarre le autorizzazioni, i tempi diventano decisamente più lunghi. CONAI insieme ad ANCI si prefigge quindi di aiutare le pubbliche amministrazioni anche attraverso consulenze e webinar che spieghino e chiariscano il quadro normativo all’interno del quale si collocano le autorizzazioni, al fine di facilitarne il rilascio. Infatti le normative sono sempre più stringenti e chi vi si confronta deve avere strumenti e competenze adeguate a poterle attuare in tempi brevi.

Qual è stato l’impatto dell’emergenza Covid sulle attività di CONAI?
Il Covid non ha fatto che confermare la stabilità del sistema, in quanto alla crisi sanitaria non è seguita la crisi dei rifiuti. Se da una parte molte attività si sono fermate a causa del lockdown, dall’altra siamo rimasti tutti in casa: abbiamo cucinato più cibo individualmente, ci siamo fatti arrivare molti pacchi, abbiamo consumato di più all’interno delle mura domestiche, quindi la raccolta differenziata è cresciuta. Ci sono state però grosse differenze tra settori: per esempio la raccolta del vetro si è quasi fermata a causa della chiusura di bar e ristoranti, mentre la plastica è aumentata. C'è stata una crescita rilevante di quasi il 6-7% della raccolta differenziata urbana, però si sono bloccati tutti gli impianti che utilizzavano le materie prime seconde derivanti dalla selezione. Gli impianti di raccolta stavano quindi raccogliendo molto di più, ma non avevano a chi dare il materiale, arrivando ad un certo punto a raggiungere i limiti di stoccaggio. Siamo intervenuti facendo sì che fossero autorizzati limiti più alti di stoccaggio, in modo tale da poter superare il periodo ed attendere la ripresa del sistema. Questo ha fatto sì che non ci sia stata una crisi dei rifiuti grazie anche alla presenza del Sistema CONAI.

Si sta verificando una trasformazione del packaging dei prodotti e una crescente richiesta da parte del pubblico ai produttori di questa transizione. Quali sono secondo lei i trend sul packaging più interessanti?
Oggi c’è molta più domanda e più consapevolezza per quanto riguarda la riciclabilità dell’imballaggio rispetto a 5/10 anni fa. Chi acquista richiede che il prodotto abbia determinate caratteristiche, tra cui i processi di produzione virtuosi e la riciclabilità del packaging. Le tendenze principali che si profilano nel mercato sono quindi la semplicità dei prodotti e la loro riciclabilità. CONAI già negli anni passati ha avviato una serie di linee guida per la corretta progettazione degli imballaggi riciclabili e dell’etichettatura ambientale, organizzando webinar e seminari per aiutare le aziende a orientarsi nel composito mondo del packaging e dell’ecodesign. Oggi progettare in modo corretto sta diventando un processo sempre più sofisticato: anche imballaggi che all’apparenza possono sembrare semplici in realtà derivano da complesse linee di progettazione e di scelta dei materiale, finalizzate a una maggiore semplicità del riciclo.

Per quanto riguarda il packaging riutilizzabile, qual è la prospettiva in Italia?
Se pensiamo al mondo dei bar e dei ristoranti, il vuoto a rendere è sempre stato un meccanismo abbastanza consolidato. Anche cassette dell’ortofrutta, pallet in legno sono già circolari. Esiste già una serie di circuiti chiusi per alcuni prodotti, mentre ce ne sono meno per quanto concerne il settore alimentare, questo anche per i vincoli igienico sanitari esistenti.

Biorepack è il nuovo arrivato nel sistema dei consorzi: in quale quadro si inserisce?
Biorepack è il nuovo consorzio per la gestione del fine vita degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile: l’obbiettivo è quello di riuscire ad avviarne la corretta raccolta insieme all’umido. Biorepack sta muovendo i primi passi cominciando dal comunicare alle persone dove vanno riciclati i vari sacchetti, dato che oggi c’è ancora molta confusione. Anche per questo abbiamo appena avviato una campagna, partita sui nostri canali social, per educare il consumatore al corretto conferimento della plastica biodegradabile e compostabile nella raccolta dell’umido.

Una delle vostre missioni da sempre è, appunto, comunicare ed educare. Come lo fate?
Le attività legate all’educazione ambientale e alle scuole sono essenziali. I progetti finora realizzati a livello regionale sono importanti perché i bambini, tornando a casa, a loro volta educano i genitori sul rispetto ambientale. Ad esempio abbiamo attivato da alcuni anni dei laboratori di teatro centrati sul riciclo, facendo sì che i bambini inventassero delle storie riguardanti gli scarti che li toccavano emozionalmente.
Riuscendo a coinvolgere le emozioni dei ragazzi, facendo interpretare loro la parte dei singoli materiali, siamo riusciti a renderli maggiormente consapevoli dell’impatto che i rifiuti possono avere a livello ambientale. Ma anche l’impegno con le università sta crescendo rapidamente: è in partenza l’ultima edizione dei Green Jobs in collaborazione con l’Università di Palermo e di Reggio Calabria, - che si affianca a quella avviata alcuni anni fa con l’Università di Matera - che coinvolgerà più di 80 laureati.

Sulla comunicazione siete sempre stati molto creativi: avete fatto videogame, fumetti, lo scorso anno è uscito anche il film Trash. Quali sono i prossimi step?
Trash è stato prodotto da una casa di produzione italiana che ha dimostrato che anche da noi ci sono le competenze per fare cinema d’animazione di altissimo livello e di successo. Quando nel luglio scorso ci è stato chiesto di accompagnare il lancio del film abbiamo risposto con grande entusiasmo vista la trama. Sicuramente il mondo della scuola va curato, perché la parte educativa risulta essere una delle più rilevanti. Penso che la vera sfida per CONAI sia quella di facilitare la capacità di fare sistema a livello nazionale, quindi di promuovere la raccolta differenziata da una parte e dare supporto alla pubblica amministrazione dall’altra, soprattutto capendo quali siano gli ambiti territoriali maggiormente in difficoltà. Lavorare a livello sistemico sui processi può migliorare anche lo sviluppo delle diverse filiere, dal vetro alla plastica alla carta... La sfida è quella di riuscire ad andare sempre oltre gli obbiettivi delineati dall’UE con costi che siano competitivi se confrontati con quelli degli altri grandi paesi europei.