Un risultato impensabile fino a pochi anni fa”. Questo il commento che arriva dal Ministero per la Transizione Ecologica alla chiusura, sabato 23 luglio, del G20 Ambiente di Napoli. La sensazione che aleggia, tuttavia, è quella di essere fuori tempo massimo.
“L’accordo storico che guarda al futuro” uscito dal consesso delle 20 più grandi economie mondiali, infatti, non fa che rimandare alla COP26, che si terrà in novembre a Glasgow, il punto più spinoso della discussione: l’accordo sugli obiettivi di decarbonizzazione.
Nell’estate dei 50 gradi raggiunti in Canada e delle alluvioni catastrofiche in Germania, Cina e India, i Paesi del G20 dichiarano di voler lavorare per “una società prospera, inclusiva, resiliente, sicura e sostenibile che non lasci indietro nessuno” e di volersi allineare all’obiettivo di “mantenere l’aumento di temperatura ben al di sotto dei 2 gradi” stabilito (nel 2015!) dall’Accordo di Parigi. Non si impegnano però ad eliminare il carbone dalla produzione energetica entro il 2025.

Cingolani: “un G20 poco ambizioso sul clima, ma l’accordo è senza precedenti”

"Non c'è nessuno dei G20 che abbia messo in dubbio l'Accordo di Parigi. Tutti hanno detto che vogliono rispettarlo”, così ha spiegato il Ministro Roberto Cingolani, secondo le dichiarazioni riportate dall’Ansa. “Ma 15 paesi, fra i quali Usa, Europa, Giappone e Canada, hanno detto che vogliono fare di più: puntare a rimanere entro 1,5 gradi di riscaldamento nella decade. Altri paesi (Cina e India principalmente n.d.r.) hanno detto che non se la sentono di dare questa accelerata: economicamente non ce la fanno, e preferirebbero ribadire quanto scritto nell'Accordo di Parigi".
Al G20 Ambiente volevamo essere più ambiziosi sulla decarbonizzazione, ma oltre non si poteva andare”, ha detto ancora il Ministro. "Abbiamo comunque raggiunto l'accordo su 58 punti del documento finale. Era la prima volta che a un G20 clima ed energia venivano trattati assieme. Qui a Napoli abbiamo negoziato due giorni e due notti di seguito, è stata una maratona estenuante. Ma abbiamo ottenuto un accordo senza precedenti".

I punti dell’accordo di Napoli

Senza prendere veri impegni vincolanti, l’accordo uscito dal G20 di Napoli verte principalmente su quattro punti: la mitigazione del cambiamento climatico e l’adattamento ai suoi effetti, l’accelerazione della transizione energetica, l’allineamento dei flussi finanziari agli obiettivi di Parigi, la resilienza di città e aree urbane.
Per quanto riguarda il primo punto, si riconferma sostanzialmente ciò che era stato stabilito nel 2015 alla COP di Parigi, rimandando la discussione alla COP26 di Glasgow. Si ribadisce – e questo è importante – la necessità di aumentare gli aiuti ai paesi in via di sviluppo, che proprio per mancanza di mezzi sono i più colpiti dagli effetti della crisi climatica. Rimane dunque centrale il ruolo del dell’impegno finanziario da 100 miliardi previsto dall’Accordo di Parigi, con l’impegno ad aumentare i contributi ogni anno fino al 2025.
Sulla transizione energetica, viene sottolineata la necessità di continuare a investire in tecnologie rinnovabili e di ridurre contemporaneamente l’utilizzo del metano. I G20, in particolare, guardano con interesse al ruolo che potranno giocare nel prossimo futuro nuove tecnologie e fonti energetiche come le rinnovabili offshore, l’energia oceanica e l’idrogeno. Sarà comunque essenziale “agire su efficienza, modelli di produzione e consumo sostenibili e circolarità”.
Il terzo punto, cruciale, è quello che riguarda i flussi finanziari, compresi i piani di aiuto per la ripresa post Covid. L’intenzione è di “orientare gli sforzi finanziari ed economici dei paesi del G20 verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, tenendo conto degli sforzi per sradicare la povertà, verso una transizione giusta e inclusiva”. I paesi del G20, dunque, “pur riconoscendo la necessità di continuare a dare priorità agli sforzi per far fronte al Covid-19, si impegnano a destinare una quota ambiziosa dei fondi per i piani nazionali di ripresa e resilienza a favore di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici”.
Infine, l’accordo dedica esplicitamente una sezione alle città, riconosciute contemporaneamente come luoghi fra i più vulnerabili agli effetti del clima e punti strategici per i processi di mitigazione e adattamento. Per questo vengono sostenute e incoraggiate azioni di governo che coinvolgano direttamente le aree metropolitane e la cittadinanza e collaborazioni nate dal basso come il C40, il Patto globale dei Sindaci. Le azioni e le infrastrutture intelligenti delle città sono e saranno sempre di più fondamentali sotto vari aspetti, dalla transizione verso una mobilità più sostenibile all’applicazione dell’economia circolare, dall’adattamento a fenomeni climatici e metereologici estremi all’efficienza energetica. E a questo proposito, l’accordo del G20 sostiene la generazione distribuita locale e le comunità energetiche come “mezzi concreti per facilitare l'accessibilità, l'affidabilità, la redditività, l'accessibilità e la sostenibilità dell'energia”.

Nell'immagine: il Ministro Roberto Cingolani con l'inviato USA per il clima John Kerry (fonte: MITE)