C’è una semplice, evidente ragione per cui ci sono tanti nemici a ostacolare la transizione ecologica che tutti gli scienziati e la stragrande maggioranza degli addetti ai lavori riconosce come decisiva per salvare il Pianeta: i soldi.

Guadagni colossali che hanno arricchito al di là dell’immaginabile le casse delle aziende del settore petrolifero e del gas, e che chiaramente le aziende medesime (compresi i loro azionisti, molto spesso Stati nazionali o “fondi sovrani” controllati da Stati nazionali) hanno tutta l’intenzione di continuare a intascare finché potranno.

Tra il 1985 e il 2018, secondo uno studio diffuso il 16 novembre dal think tank internazionale Climate Analytics, Carbon Majors' trillion dollar damages, le 25 principali aziende del settore petrolifero e del gas hanno guadagnato la spaventosa cifra di 30.000 miliardi di dollari.

Nello stesso periodo, i danni globali causati al clima dalle emissioni associate alle 25 principali major del carbonio del settore oil and gas sono stimati dal rapporto in addirittura 20.000 miliardi di dollari. Il che significa che queste aziende avrebbero potuto rimborsare la propria parte di danni climatici associati alle loro attività e ai loro prodotti in questi 23 anni, e lasciarsi in tasca comunque 10.000 miliardi di dollari di profitti.

Loss and Damages

Dati terribili, che giungono alla vigilia della COP28 di Dubai, e che fanno capire quanto stretta sia la strada per centrare un reale percorso di decarbonizzazione, nonostante l'anno scorso, alla COP27, tutti i governi abbiano riconosciuto ‒ almeno a parole ‒ la necessità di nuove fonti di finanziamento per le perdite e i danni, i cosiddetti loss and damages, su cui non si riesce ancora a trovare una soluzione. 

La cosa sorprendente che emerge dal rapporto Carbon Majors' trillion dollar damages di Climate Analytics, comunque, è che, anche se decisamente intaccati, i profitti dell’oil and gas resterebbero sempre imponenti.

 

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Tra le 25 majors inquinanti c’è anche ENI

Ma chi sono, esattamente, queste aziende? Le prime tre, in ordine di emissioni di CO₂, sono Aramco, dell'Arabia Saudita, Gazprom, di proprietà del Governo russo, e la National Iranian Oil Company. Le prime aziende di proprietà degli investitori sono ExxonMobil, Shell, BP e Chevron. L'elenco comprende anche la società guidata dal presidente dei negoziati internazionali sul clima di quest’anno, Sultan al-Jaber: la Abu Dhabi National Oil Company. 

Non manca l’Italia, con la partecipata pubblica ENI: si piazza al diciannovesimo posto delle 25 majors più inquinanti, con 500 miliardi di dollari di profitti accumulati negli anni considerati, e danni all’ambiente per 400 miliardi.

Per calcolare i danni climatici i ricercatori ipotizzano un costo sociale del carbonio di 185 dollari per tonnellata, e attribuiscono alle compagnie petrolifere un terzo dei danni, condividendo la responsabilità in egual misura con i Governi e i consumatori.

Un 2022 di profitti record

Nel 2022 i prezzi dell'energia sono saliti alle stelle e i guadagni finanziari delle compagnie petrolifere e del gas hanno raggiunto livelli record. Aramco ha annunciato quello che il suo amministratore delegato ha definito "probabilmente il più alto utile netto mai registrato nel mondo aziendale". Per il 2022, gli autori sono riusciti a raccogliere i dati relativi a un sottoinsieme di sette majors del carbonio, tra cui Aramco, Exxon Mobil e Shell, dimostrando che i guadagni finanziari sono stati quasi il doppio dei danni stimati causati dalle loro emissioni in quell'anno: 497 miliardi di dollari rispetto a 260 miliardi di dollari.

L'anno scorso, alla COP27, tutti i governi hanno riconosciuto la necessità di nuove fonti di finanziamento per le perdite e i danni. Mia Mottley, primo ministro delle Barbados, ha chiesto in particolare una tassa del 10% sui profitti delle compagnie petrolifere e del gas da versare in un fondo per le perdite e i danni.

Come spiega l'autore principale del rapporto, il professore della Università Humboldt di Berlino Carl-Friedrich Schleussner, "dopo i super profitti dell'anno scorso, alcune di queste compagnie si stanno rimangiando gli impegni assunti in materia di clima, dimostrando che non possiamo contare sul fatto che lo facciano da sole, certamente non al ritmo necessario. I Governi dovrebbero intervenire e tassare chi inquina per pagare le perdite e i danni che stanno causando”.

 

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Immagine: Envato