Nel 2015 la legislazione francese ha introdotto nel proprio Codice del consumo il reato di obsolescenza programmata, aprendo la strada ad azioni legali che hanno visto finire in tribunale grandi marchi dell’industria tecnologica accusati di ridurre volontariamente la vita dei propri prodotti per incrementarne il tasso di sostituzione.

Al fine di far rispettare questa legge, in quello stesso anno, è nata Halte à l’obsolescence programmée (HOP), un’associazione che ha concentrato la propria attività in tre direzioni: la sensibilizzazione del grande pubblico, il supporto alle istituzioni al fine dell’orientamento legislativo e l’accompagnamento delle imprese che scelgono la strada della sostenibilità. Apple, Epson, Google e Microsoft sono solo alcuni dei colossi chiamati in causa da HOP per avere ignorato e violato la legge francese danneggiando volontariamente i consumatori.

Le strategie per aumentare il tasso di sostituzione

Il primo passo per combattere un fenomeno così capillarmente diffuso come quello dell’obsolescenza programmata è riconoscerne le forme, che sono tendenzialmente tre: l’obsolescenza tecnica, quella estetica (o culturale) e quella del software.

L’obsolescenza tecnica avviene quando un bene non funziona più a causa della durata limitata delle sue componenti essenziali e inamovibili, ma anche, in maniera indiretta, quando è impossibile porre rimedio al malfunzionamento perché i pezzi di ricambio sono inaccessibili.

L’obsolescenza estetica (o culturale) agisce sulla psicologia degli acquirenti e passa attraverso campagne promozionali nelle quali i prodotti nuovi vengono promossi come più performanti di quelli in commercio da tempo. Si tratta di una strategia altrettanto subdola perché ha come obiettivo il rinnovamento dei prodotti prima che questi si rompano o diventino inutilizzabili.

La terza strategia è quella dell’obsolescenza del software che riguarda soprattutto smartphone, computer e stampanti e che si configura con una pluralità di impedimenti all’utilizzo: l’incompatibilità di formato tra vecchie e nuove versioni del software, il rallentamento del dispositivo in seguito agli aggiornamenti obbligatori e la limitazione del supporto tecnico. 

 

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Armamenti, obsolescenza programmata e debito universale

In sintesi, se non si riesce a rendere più breve il ciclo di vita di un prodotto tecnologico ponendo una “data di scadenza” ai suoi componenti fisici o alle sue applicazioni, si lavora sugli archetipi di un immaginario collettivo che da anni ha sostituito l’idea della durabilità con quella della novità.

Molti decenni fa il lungimirante Aldous Huxley affermava come gli armamenti, il debito universale e l’obsolescenza programmata fossero “i tre pilastri della prosperità occidentale”. Il fenomeno, insomma, è già stato decrittato e analizzato criticamente da tempo, ma solo nell’ultimo decennio le organizzazioni a difesa dei consumatori hanno organizzato la propria controffensiva nei confronti di una delle manifestazioni più sleali e sottovalutate del mercato.

Il Club de la Durabilitè: progettazione, riparazione e riutilizzo

Da alcuni anni, l’attività di affiancamento delle imprese svolta da HOP si è strutturata nel Club de la Durabilitè, un network di imprese che hanno deciso di impegnarsi sul tema della durabilità dei beni e dei servizi. Nata come risposta alla crescente domanda di prodotti durevoli e riparabili da parte dei consumatori, questa rete vuole favorire l’incremento della durata di vita dei prodotti tecnologici sul territorio francese.

Per il raggiungimento degli impatti ecologici positivi auspicati, Le Club de la Durabilitè opera in tre direzioni: progettazione, riparazione e riutilizzo. La progettazione è fondamentale per arginare a monte il fenomeno dell’obsolescenza programmata: la robustezza e la durabilità diventano prioritarie nella fase progettuale, così come avveniva in passato. Il prodotto deve essere concepito per essere riparato con pezzi di ricambio accessibili ed economici, da personale formato in modo tale da effettuare diagnosi e manutenzione. Infine, si deve promuovere in tutti i modi possibili il riutilizzo dei prodotti: con il ricondizionamento, la donazione, la vendita o il noleggio dell’usato.

 

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I consumatori contro l’obsolescenza programmata

L’indice di riparabilità introdotto in etichetta per i prodotti tecnologici immessi sul mercato a partire dal 1° gennaio 2021 rappresenta una delle grandi conquiste di Halte à l’obsolescence programmée perché se da una parte costringe le aziende a prendere posizione pro o contro la durabilità dei prodotti, dall’altra fornisce ai consumatori un dato che può diventare un elemento discriminante al momento dell’acquisto.

Che ci sia un interesse crescente da parte dei consumatori nei confronti della durata dei prodotti tecnologici lo dicono anche i dati raccolti dallo staff del Club: nel triennio 2014-2017 il volume di prodotti domestici reimpiegati e riutilizzati in territorio francese è aumentato del 30%. Inoltre per il 90% dei cittadini europei è importante che venga indicata in etichetta la durata di vita degli articoli tecnologici, mentre per il 77% la riparazione è preferibile alla sostituzione della merce.

Quando ci si sposta dal teorico al pratico, però, le percentuali cambiano drasticamente. Un rapporto sul reimpiego dei prodotti digitali, pubblicato quest’anno dal Club, mostra che il 58% degli intervistati ha manifestato timori e scetticismo riguardo durata e affidabilità di un cellulare ricondizionato. L’abitudine alla sostituzione è penetrata in maniera così efficace nel sentimento comune da interferire anche con le scelte di acquisto di coloro che opterebbero volentieri per un prodotto riparato: ecco perché l’attività di divulgazione e sensibilizzazione dei consumatori resta un nodo cruciale nella transizione verso le buone pratiche.

Chi fa parte del Club de la Durabilitè

Attualmente i membri del Club de la Durabilitè sono 41: accanto a colossi dell’industria come Michelin e della vendita di elettrodomestici e articoli per la casa come Fnac Darty, Boulanger, Easy Cash e Leroy Merlin, ci sono, fra gli altri, il marchio specializzato nella vendita di prodotti ricondizionati Electro Depot, la società cooperativa Commown, l’impresa di riparazioni a domicilio Murfy, l’applicazione delle donazioni fra privati Geev, l’ente di formazione per riparatori Fixit Formation e l’azienda produttrice di valige Dot-Drops.

Il Club de la Durabilitè sta riuscendo nella non facile impresa di riunire aziende con una storia ultradecennale alle spalle e startup che sono nate con lo scopo di alimentare l’economia circolare d’Oltralpe. Prendendo in prestito la dialettica impiegata per definire gli utilizzatori del digitale si potrebbe dire che questo network è riuscito a conciliare l’improrogabile transizione verso la sostenibilità dei migranti circolari alle mission fondative dei nativi circolari.

Le iniziative

Fra le azioni messe in atte dal Club de la Durabilitè ci sono lo sviluppo e la condivisione delle competenze nel campo della sostenibilità dei prodotti, l'implementazione della rete degli aderenti, un costante aggiornamento sull'evoluzione del quadro istituzionale francese e comunitario sul tema e una comunicazione di soluzioni alternative molto attenta a non fare promozione ai singoli membri della rete.

All’interno di una cornice legislativa decisamente favorevole e di un’azione di governo che ha fatto della sobrietà una delle proprie bandiere, è facile immaginare che il numero dei membri del club continuerà a crescere facendo di questo network un modello di cooperazione nel mondo della circolarità.

 

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Immagine: Erick Solheim, Unsplash