Siamo a quasi un mese di proteste degli agricoltori in Europa. Nate in Germania su un problema di bilancio ‒ il governo Scholz, alle prese con un buco di 17 miliardi, ha tagliato i sussidi al carburante ‒ sono diventate un fenomeno continentale. In Italia i trattori, simbolo del movimento, hanno iniziato a bloccare le strade a inizio febbraio.

Le ragioni profonde della protesta sono chiare. In 15 anni, tra il 2005 e il 2020, 5,3 milioni di aziende agricole in Europa hanno chiuso i battenti. Nello stesso arco di tempo in Italia le imprese del settore si sono dimezzate: nel solo 2022 sono 3.623 le aziende, in gran parte piccole e piccolissime, che hanno dovuto rinunciare. La crisi del settore, insomma, è la causa. Ma meno facile è intuire le richieste di chi protesta.

Nel nostro Paese i cortei di trattori sono in larga parte spontanei, convocati da comitati improvvisati. Le tradizionali organizzazioni di categoria ‒ Coldiretti, Confagricoltura, CIA ‒ sono non solo tenute ai margini, ma aspramente criticate dalla piazza. I punti salienti della protesta, insomma, variano a seconda dei territori, del gruppo di appartenenza, delle idee politiche del singolo agricoltore. Ma ci sono alcuni punti in comune.

Europa, Governo e organizzazioni agricole

Paolo Giarretta è un allevatore. Possiede 250 vacche da latte e da giorni ha lasciato l’azienda per manifestare. È responsabile del Comitato Agricoltori Traditi in Lombardia, una delle sigle neonate più visibili di questa ondata di cortei e blocchi stradali. “L’Unione Europea ci sta rompendo le palle per le terre incolte: vogliono pagarci per non coltivare, è assurdo. Poi c’è il problema del gasolio, che costa troppo, e dei fitosanitari. La colpa è anche del Governo, che decide sulle accise. E i sindacati agricoli non aiutano.”

Questo trio ‒ UE, Stato e organizzazioni di categoria ‒ è indicato da tutti come responsabile dei mali del settore agroalimentare. Vi punta contro il dito anche Paola Ponzo, responsabile del comitato in Piemonte. Lei, a differenza di Giarretta, non è un’imprenditrice del settore, ma figura tra i leader locali del movimento. Si presenta come una collaboratrice storica di Danilo Calvani, l’ex portavoce del movimento dei Forconi, che infiammò brevemente l’Italia nel 2012, ed ex fondatore della Lega nel Lazio, oggi volto principale dei trattori. “So quello che mi dicono gli agricoltori”, spiega. “Le ragioni del disagio sono profonde: da tempo vediamo diktat europei che non vanno a genio a chi lavora nel comparto. C’è tanta rabbia verso i sindacati agricoli [le organizzazioni di categoria, ndr], le persone non si sentono rappresentate. Gli agricoltori sono disperati, molti sono immersi nei debiti. Mi chiamano piccoli imprenditori che, per la frustrazione, arrivano all’autolesionismo.”

Per tutti, la crisi del settore è effetto del combinato disposto di politiche nazionali e comunitarie. “Se il latte mi viene pagato 50 centesimi al litro, come campo?”, conclude Giarretta.

Cosa chiedono gli agricoltori che protestano

Matteo Perra ha 21 anni, proprietario di una piccola azienda agricola in Veneto. Si occupa principalmente di vitivinicolo, ma da poco vi ha affiancato anche un po’ di bestiame: capre e pollame. “Siamo agricoltori da sei generazioni”, spiega. Perra è tra i portavoce di Agricoltori Italiani - Uniti si vince, una sigla che punta a riunire tutti i comitati sorti nelle ultime settimane in giro per il Paese. “Siamo nati con un congresso a Pescara, erano presenti delegati da tutte le Regioni.” In quello stesso incontro i partecipanti hanno approvato un documento in sette punti.

Tra le rivendicazioni ci sono alcune novità rispetto ai temi che hanno dominato il dibattito pubblico in queste settimane, e anche qualche vistosa assenza. In primis il gruppo chiede interventi sui costi della produzione, stop a qualunque aumento del gasolio, moratoria sui debiti e risarcimento delle multe per le quote latte, di cui tanto si parlava alcuni anni fa.

Anche la sburocratizzazione delle procedure per l’accesso ai fondi europei è un tema, assieme all'accorciamento delle filiere (“vogliamo l’obbligo di materie prime italiane per le mense”, spiega Perra), una migliore etichettatura che valorizzi il locale, e la revisione della legge 102/2004 che regola i risarcimenti per la grandine e le altre calamità naturali. “Non vogliamo assistenza, vogliamo lavorare”, continua Perra.

Pesticidi, debiti e carne sintetica

L’Unione Europea è venuta incontro alle richieste dei trattori indebolendo le politiche ecologiche. La Commissione von der Leyen ha sospeso per un altro anno l’obbligo di mantenere il 4% dei terreni a riposo per rigenerare nutrienti e ha annacquato gli obiettivi sulla riduzione dei pesticidi. Proprio la norma del 4% è il primo problema indicato da Giarretta. Anche per Paola Ponzo queste sono buone notizie, ma specifica: “Rimangono contentini”.

Più sfumata la posizione di Perra: “Queste sono distrazioni. I nostri problemi sono altri. Certo, ci mancano molte delle molecole [i pesticidi vietati, ndr] per combattere i parassiti, i prodotti che possiamo usare oggi sono meno efficienti. Ma se abbiamo misure utili a sopravvivere, quelle che citavo prima, ce la facciamo”. Cosa pensa della contrapposizione tra agricoltori ed ecologisti? “Gli agricoltori sono i primi ecologisti. Quando un’azienda chiude, un pezzo di territorio smette di essere curato. Il Governo dovrebbe ascoltare noi, e non le organizzazioni che fanno i propri interessi”.

Il movimento dei trattori è magmatico. L’analisi e le richieste variano a seconda delle realtà, dei territori, del singolo intervistato. Tra i sette punti del comitato Agricoltori Uniti è centrale un tema, il debito, per ora ai margini del dibattito. Le associazioni di categoria, Coldiretti in testa, invitano la piazza a scagliarsi invece contro carne sintetica, farina di grilli, fotovoltaico.

Per ora chi protesta ha vinto nelle sue richieste più marcatamente anti-ecologiste ‒ uso di pesticidi e stop alle colture a riposo ‒ e ha perso sui temi più progressisti ‒ limiti alle importazioni e al libero scambio, accorciamento delle filiere. Solo il tempo ci dirà se e come evolverà il movimento.

 

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