Il cambiamento climatico avrà conseguenze ambientali colossali, lo sappiamo già da anni. Conseguenze pesantissime, che faranno vivere in modo peggiore e renderanno più poveri miliardi di persone. Per la precisione, entro il 2100 ci sarà una perdita di oltre il 9% dei servizi ecosistemici: in altre parole, il capitale naturale del Pianeta, la sua capacità di generare le risorse naturali che l’uomo utilizza per produrre cibo, energia e prodotti, diminuirà di quasi un decimo, facendo diminuire anche il Prodotto interno lordo pro capite del pianeta Terra.

Con in più la beffa: sarà il 50% più povero del mondo ‒ che ben poche responsabilità ha dal punto di vista dell’immissione di gas serra nell’atmosfera ‒ a sopportare il 90% dei danni economici. È quello che ci dice un articolo sul capitale naturale dell’autorevole rivista Nature, con il contributo della ricerca del CMCC, il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici.

Lo studio

Aria respirabile, acqua pulita, foreste in salute e biodiversità contribuiscono al benessere delle persone in misure che possono essere molto difficili da quantificare. Il capitale naturale è il concetto che scienziati, economisti e decisori politici utilizzano per rappresentare il flusso attuale e futuro dei benefici che le risorse naturali apportano alle persone e alle società.

Uno studio condotto da scienziati dell'Università della California-Davis e dall'Istituto di Oceanografia Scripps presso l'UC San Diego e realizzato con il contributo dei ricercatori CMCC Massimo Tavoni, Johannes Emmerling e Francesco Granella, evidenzia in che misura i benefici offerti dalla natura diminuiscano man mano che il cambiamento climatico aumenta la pressione sugli ecosistemi.

Insomma: quando i Paesi perdono capitale naturale, le loro economie ne risentono. Lo studio ha rilevato che, entro il 2100, le trasformazioni indotte dal cambiamento climatico nella vegetazione e nei modelli di precipitazioni e l'incremento di CO comporteranno una caduta del 9,2% dei servizi ecosistemici, e una riduzione media dell’1,3% del PIL mondiale pro capite. Quel che è peggio è che ci saranno profonde disuguaglianze nella distribuzione di questi impatti. Il 50% più povero dei paesi e delle regioni del mondo dovrebbe sopportare il 90% dei danni al PIL, mentre le perdite per il 10% più ricco sarebbero limitate ad appena il 2%.

 

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Perdita di biodiversità e cambiamento climatico: crisi intrecciate

Secondo gli autori della ricerca, ciò avviene principalmente perché i Paesi a basso reddito tendono a fare maggiormente affidamento sulle risorse naturali per la propria produzione economica, e una parte più ampia della loro ricchezza si trova nella forma di capitale naturale. I calcoli dei ricercatori sono definiti “conservativi”, nel senso che l'analisi ha considerato solo i sistemi terrestri, principalmente foreste e praterie: in futuro si andrà a tener conto anche degli impatti sugli ecosistemi marini, cosa che potrebbe aggravare il calcolo degli effetti economici.

In altre parole, la ricerca pubblicata su Nature è importante perché ci fa capire che il costo economico degli sforzi per investire nella transizione ecologica ed energetica, per salvare l’ecosistema, per cambiare il modo di vivere e produrre ‒ che è tutt’altro che indifferente, anzi, è immenso ‒ è una spesa che ci aiuta a ridurre l’ancor più colossale danno ai servizi ecosistemici. Un danno che di solito non è contabilizzato, e che rivela anche una dimensione solitamente trascurata, ma sorprendente, degli effetti del cambiamento climatico sui sistemi naturali: la loro capacità di aggravare l'ineguaglianza economica globale.

“Perdita di biodiversità e cambiamento climatico sono crisi intrecciate ‒ spiega Massimo Tavoni, direttore dell’RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment (EIEE) ‒ Questo studio dimostra che agire su entrambi non è solo nell’interesse del pianeta ma anche di tutti noi.” 

"La nostra economia e il nostro benessere dipendono da questi sistemi, e dovremmo riconoscere e tener conto di questi danni trascurati quando consideriamo il costo di un clima in cambiamento”, aggiunge Frances C. Moore, professoressa associata nel Dipartimento di Scienze Ambientali e Politiche dell'UC Davis, tra gli autori dell’articolo.

Siamo solo all'inizio del lavoro necessario per una comprensione esaustiva del ruolo del capitale naturale e della biodiversità per l’economia”, dice Johannes Emmerling, Senior Scientist presso RFF-CMCC EIEE. "I risultati della ricerca sottolineano la dimensione collettiva delle sfide derivanti dalla perdita di biodiversità e dai cambiamenti climatici”, è la conclusione di Francesco Granella.

 

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Immagine: Ben White, Unsplash