Sostenibile e sempre più circolare: così deve essere la bioeconomia italiana, secondo l’aggiornamento della strategia nazionale presentato il 14 maggio nella sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri a Roma. L’Italia, in questo, segue senza tentennamenti il modello europeo. La Commissione guidata da Jean-Claude Juncker, infatti, ha già presentato il suo aggiornamento nell’ottobre 2018, legando in modo molto forte i due paradigmi della bioeconomia e dell’economia circolare, così come richiesto più volte dalla pluralità degli stakeholder europei. 

Ma non solo: al pari di Bruxelles, Roma punta in modo deciso su comunicazione ed educazione per rendere consapevole l’opinione pubblica delle grandi potenzialità dell’economia basata sulle risorse biologiche per la creazione di sviluppo sostenibile e posti di lavoro e porre un argine al cambiamento climatico.

I numeri già oggi parlano chiaro: il valore complessivo della bioeconomia nella Penisola ammonta a circa 330 miliardi di euro, con 2 milioni di occupati. Dati, ripresi dal 5° Rapporto sulla Bioeconomia in Europa di Intesa Sanpaolo, ai quali si arriva superando la definizione classica dell’Unione europea per includere nuove filiere come quella del legno e dell’arredo, la gestione dell’acqua e del rifiuto organico delle città. E l’obiettivo al 2030 è ambizioso: realizzare una crescita del 15%, incrementando anche il livello di circolarità dei bioprodotti.

A sancire la comunione di visione e strategia tra Bruxelles e Roma ha contribuito anche la presenza nella capitale di Waldemar Kütt, in rappresentanza della Direzione Ricerca e Innovazione della Commissione europea, e Philippe Mengal, direttore esecutivo della partnership pubblico-privato Bio-based Joint Undertaking (BBI JU), che in questi ultimi anni ha svolto un ruolo fondamentale nel finanziare l’innovazione biobased nel Vecchio Continente. A guidare l’iniziativa per il governo italiano è stato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, affiancato dal presidente del Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita, Andrea Lenzi, e dal professor Fabio Fava, a cui è spettato il compito di presentare l’aggiornamento, anche in virtù del suo ruolo di coordinatore del gruppo di lavoro che lo ha redatto. 

Ma vediamo più nel dettaglio i temi affrontati dalla nuova strategia: essa punta in modo ancora più tenace a “ricollegare economia, società e ambiente”. Per vincere questa sfida – si legge nel documento presentato – “non sarà sufficiente utilizzare semplicemente la biomassa per applicazioni industriali o utilizzare materiali rigenerativi invece di materie prime fossili. Bioeconomia non significa semplicemente integrare le conoscenze biologiche nella tecnologia esistente.”

“Per affrontare la sfida – si legge ancora – la transizione deve avvenire anche da un punto di vista sociale, stimolando la consapevolezza e il dialogo sociale, portando a un comportamento più consapevole”. Secondo il governo italiano, occorre maggiore conoscenza di ciò che viene consumato – in particolare di prodotti e processi alimentari – per arrivare a miglioramenti delle condizioni di salute e dello stile di vita, stimolando la domanda di innovazione sostenibile da parte delle imprese. Per questo motivo, una delle misure fondamentali a essere richiamata nel documento è lo sviluppo ulteriore dell’etichettatura ecologica (ecolabeling). 

“Questo processo di transizione nell’economia e nella società deve svolgersi in modo olistico e, per sfruttarne i principali benefici potenziali, i cittadini devono diventare gli attori principali nelle necessarie trasformazioni sociali che l’economia basata sulle fonti biologiche può stimolare”. Il dialogo sociale e la comprensione delle sfide e delle opportunità della bioeconomia sono quindi ritenuti decisivi per stimolare la domanda di nuovi prodotti e servizi, e quindi per le relative innovazioni e sviluppi tecnologici. “Azioni quali gli appalti pubblici devono essere trasformate in azioni partecipative che consentano l’impegno, la comprensione e il potenziale di replica.”

A livello di visione, la nuova strategia mira a “favorire approcci multidisciplinari per connettere le tecnologie e le pratiche trasformative, e interconnettere efficacemente i principali settori della bioeconomia, attraverso catene di valore sostenibili, abbracciando la produzione di bio-risorse (per esempio, agricoltura, zootecnia, acquacoltura, silvicoltura, sistemi marittimi), la loro elaborazione e la valorizzazione dei prodotti finali (industria alimentare e delle bevande, legno, carta, cuoio, tessile, chimica e farmaceutica e settore energetico), facendo leva su settori tradizionali profondamente radicati nel territorio, nonché stakeholder pubblici e privati nelle comunità locali.”

Altra novità importante: la biofarmaceutica entra nel concetto italiano di bioeconomia, sulla scia di quanto già fatto in Europa dal Regno Unito (mentre a Bruxelles il dibattito è ancora in corso).

In sostanza, la visione e la strategia a Roma sembrano ormai chiare. Resta sempre l’attesa per un piano d’azione che trasformi tutte le traiettorie disegnate in solida realtà. E con il piano d’azione – reclamano gli addetti ai lavori – anche i fondi necessari. 

 

BIT Bioeconomy in Italy. A new bioeconomy strategy for a sustainable Italy, maggio 2019 http://cnbbsv.palazzochigi.it/media/1719/bit_en_2019_web.pdf

La Bioeconomia in Europa 5° Rapporto, marzo 2019 tinyurl.com/y36ys99h