Circa 290 miliardi di euro. Tanto è costato il piano di salvataggio a favore della Grecia in questi ultimi otto anni. Ma per Atene sono stati soprattutto lacrime e sangue, dato che secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico i tagli alla spesa pubblica e l’aumento dell’imposizione fiscale hanno ridotto in condizioni di povertà oltre un terzo della popolazione. I redditi delle famiglie sono scesi di più del 30%, il 25% del Pil è andato in fumo e la disoccupazione ha raggiunto nel 2013 la percentuale record del 27%. 

Oggi le cose sembrano andare meglio: il Pil è tornato a crescere, grazie soprattutto al settore del turismo, e la disoccupazione è scesa al 19,5%, un dato che resta comunque il più alto dell’area Euro. Ma la strada per uscire dal tunnel della crisi è ancora lunga. In questo scenario lo sviluppo di una bioeconomia circolare greca può rappresentare un fattore decisivo per coniugare il ritorno alla crescita con la sostenibilità ambientale e l’azione contro i cambiamenti climatici. Ne sono convinte le imprese, i ricercatori e tutti gli stakeholder del paese mediterraneo che reclamano a gran voce un piano d’azione per far crescere questo meta settore su cui l’Unione europea ha confermato di puntare con forza anche con il recente aggiornamento della strategia lanciata nel 2012. 

 

Una strategia nazionale

Non esiste ancora una strategia nazionale greca sulla bioeconomia. Il paese mediterraneo si è dotato però dallo scorso maggio, grazie all’iniziativa del ministero dell’Ambiente e dell’Energia, di una prima bozza di strategia per l’economia circolare.

SEV Business Council for Sustainable Development, un’associazione no profit creata dalla SEV (la federazione ellenica delle imprese), ha calcolato che sono necessari almeno 100 miliardi di euro di investimenti entro il 2020 per colmare i disinvestimenti che si sono verificati in Grecia dal 2010 al 2016. Insieme alla continua fuga di cervelli che ha intaccato il capitale umano e il potenziale di innovazione, il disinvestimento prolungato rappresenta un forte ostacolo alla prospettiva di crescita futura della Grecia. “Il modello dell’economia circolare – afferma uno studio sull’economia circolare in Grecia realizzato da EY nel maggio 2016 su incarico di SEV – potrebbe favorire un balzo in avanti per una successiva fase di trasformazione che consentirà il ritorno della Grecia alla crescita sostenibile. Affrontando i cicli di vita tecnologici e biologici dei prodotti, a monte e a valle, attraverso i settori industriali chiave, l’economia circolare potrebbe contribuire a spostare il modo in cui tutta l’economia funziona, a stimolare la creazione di posti di lavoro e a consentire investimenti”.

“Allo stesso tempo – continua il rapporto EY – in Grecia l’economia circolare potrebbe stimolare il necessario dialogo per la risoluzione di argomenti conflittuali cronici, come la gestione dei rifiuti, compreso il riutilizzo, lo stoccaggio e il trattamento. Un dialogo con le autorità statali, regionali e locali, ma anche le imprese, l’industria e la società civile, è necessario per cambiare la mentalità sulla questione dei rifiuti, sia urbani sia industriali, sul loro trattamento, sull’ubicazione delle discariche, per evitare sanzioni da parte dell’Unione europea dovute a strutture di deposito e discariche non ammesse o disfunzionali”.

 

Il primo ministro greco Alexis Tsipras viene informato da Electra Papadopoulou / Chimar Hellas SA riguardo alle tavole di canapa e kenaf e da Panagiotis Stathopoulos / University of Athens a proposito di oli e cosmetici a base di olio di canapa all’ottantaduesima Fiera Internazionale di Salonicco (2017)

 

La bioeconomia in cifre

Secondo il ministero dello Sviluppo rurale e dell’Alimentazione, la bioeconomia in Grecia genera oggi un volume d’affari di circa 27 miliardi di euro e impiega 500.000 persone. L’80% di questi numeri è legato direttamente o indirettamente al settore agricolo, che da solo contribuisce al 4,1% del Pil. Attualmente solo una parte degli scarti agricoli sono impiegati come materia prima per sviluppare bioprodotti o bioenergie. Per questo motivo gli addetti ai lavori ritengono che il potenziale possa essere davvero interessante, insieme alla biomassa marina, ai rifiuti urbani e agli scarti alimentari. 

Un’analisi precisa è contenuta in un paper pubblicato a luglio su The EuroBiotech Journal intitolato “Bio-economy in Greece: Current trends and the roadahead”, che sottolinea come in Grecia vengono prodotti circa 500 chilogrammi di rifiuti per persona ogni anno, con un costo annuale per la raccolta di un miliardo di euro. La maggior parte di questi rifiuti (81%) finisce in discariche legali e illegali, il 17% viene riciclato e solo il 2% è destinato al compostaggio. Le discariche illegali, in piena sintonia con lo studio EY, sono considerate come una vera e propria piaga economica per il paese, che dal 2014 al 2018 è stato costretto a pagare multe per 48 milioni di euro. 

Gli scarti di cibo in Grecia ammontano a 80 chilogrammi per persona all’anno sull’intera filiera. L’industria alimentare è una delle più sviluppate rappresentando oltre un quarto del sistema industriale nazionale. Per valutare il possibile impiego degli scarti alimentari – ricorda lo studio – come materia prima per nuovi bioprodotti, il municipio di Halandri ad Atene sta portando avanti un progetto finanziato dal programma Horizon 2020 (Waste4Think) per sviluppare le infrastrutture necessarie a un’efficiente gestione dei rifiuti.

 

Prodotti fatti con foglie secche della pianta marina vascolare “Posidonia Oceanica” 
di PHEE/Grecia

 

Il Forum della bioeconomia

Per favorire un’ampia discussione e una pressione sul governo affinché si cominci a elaborare una prima strategia nazionale sulla bioeconomia, è stato istituito un Forum sulla Bioeconomia, che opera un po’ come un think tank e offre a tutti gli stakeholder greci la possibilità di incontrarsi, condividere informazioni e fare network. Uno dei primi obiettivi del Forum è aumentare la consapevolezza tra l’opinione pubblica e i legislatori rispetto alle grandi opportunità offerte dalla bioeconomia e dall’economia circolare. Il Forum ha individuato alcune barriere che ostacolano la diffusione di una bioeconomia greca, ovvero l’eccessiva frammentazione delle proprietà agricole che comporta un’assenza di una rete logistica affidabile e un’offerta a lungo termine di materia prima, il prezzo elevato di questa materia prima, il basso livello di istruzione dei lavoratori agricoli e la loro età elevata (il 60% ha oltre 45 anni). A questi si aggiungono l’instabilità della tassazione ambientale, l’eccessiva burocrazia, l’assenza di appropriati meccanismi di finanziamento e di condizioni che favoriscano la creazione di un mercato verde e per l’appunto la scarsa consapevolezza dei cittadini relativamente ai benefici economici e ambientali della bioeconomia. 

 

Il ruolo del mare

La Grecia può vantare oltre 13.000 chilometri di costa. Le acque del Mediterraneo possono quindi rappresentare una grande risorsa per la bioeconomia nazionale. Secondo un’indagine condotta nel settembre del 2017 dall’Istituto ellenico di statistica (Elstat), il volume della produzione di pesca e acquacoltura ha raggiunto nel 2016 circa 198.000 tonnellate, generando un reddito superiore a 780 milioni di euro. La Grecia ha la più grande flotta per la pesca di tutta Europa (il 18% del totale) e la lavorazione del pesce crea fino al 70% di scarto liquido e solido. La sola filettatura del pesce pelagico comporta un 44% di rifiuti solidi. Si tratta di una biomassa con grandi potenziali, visto che è molto ricca di componenti con alto valore aggiunto biologico. 

Uno dei centri di ricerca marina più importanti a livello europeo è il Centro ellenico per la ricerca marina. Si tratta di un centro di ricerca governativo, che fa capo al ministero della Ricerca e dell’Istruzione, sotto la supervisione del Segretariato generale per la Ricerca e la Tecnologia, la cui origine risale al 1912. Al suo interno si trova l’Istituto di Biologia marina, Biotecnologia e Acquacoltura, che è tra i partner del progetto europeo Bluemed, coordinato dal Consiglio nazionale delle Ricerche italiano (Cnr). Bluemed è l’iniziativa di ricerca e innovazione per promuovere l’economia blu nel bacino del Mediterraneo attraverso la cooperazione, una strategia di riferimento per i paesi del Mediterraneo per collaborare ai fini di un mar Mediterraneo sano, sicuro e produttivo. Bluemed mira alla creazione di nuovi posti di lavoro “blu”, al benessere sociale e a una crescita sostenibile nei settori marino e marittimo attraverso l’attuazione della sua agenda strategica per la ricerca e l’innovazione, la Bluemed Sria.

“Tra i mari d’Europa – scrivono i partner del progetto nel primo aggiornamento dell’agenda strategica nell’aprile 2017 – il Mediterraneo non ha eguali per quanto riguarda la biodiversità e i legami tra attività umane e caratteristiche ambientali. Sta cambiando rapidamente in risposta a pressioni sia naturali sia antropogeniche. Il cambiamento climatico, il crescente traffico marittimo e l’inquinamento, il sovrasfruttamento degli stock ittici e le invasioni di specie esotiche sono tra i fattori di stress che mettono a rischio la regione. Allo stesso tempo, le caratteristiche uniche del Mediterraneo offrono importanti opportunità locali per la crescita e l’occupazione blu, che vanno dalla pesca al turismo”.

 

Verso una bioeconomia greca

“Ci sono alcune semplici misure che il paese dovrebbe prendere per diventare un attore competitivo nel settore della bioeconomia in Europa”, fa sapere George Sakellaris, fondatore nel 2012 dell’iniziativa “Bioeconomy in Greece” con l’obiettivo di mappare gli attori del settore nel paese mediterraneo e favorirne la collaborazione. “Innanzitutto – ci dice Sakellaris, oggi consulente per la bioeconomia dell’Università della Boemia del Sud in Repubblica Ceca – è necessario svolgere un’analisi sistematica del potenziale esistente in termini di risorse e processi ed essere in grado di convertirlo in termini economici, partendo dai settori dell’energia, della produzione agroalimentare e dell’esplorazione dei rifiuti”.

Secondo Sakellaris, fondamentale per consentire un pieno sviluppo della bioeconomia in Grecia è anche la cornice educativa e aumentare la consapevolezza nell’opinione pubblica. “La Grecia – ci dice – è già inserita nelle azioni relative all’educazione alla bioeconomia su scala europea”. Senza una strategia nazionale e il relativo piano d’azione sarà però difficile procedere nella direzione giusta.

 

 

EY Study on the Circular Economy in Greece, maggio 2016; www.ey.com/Publication/vwLUAssets/EY-study-on-the-circular-economy-in-greece/$FILE/EY-study-on-the-circular-economy-in-greece.pdf

“Bio-economy in Greece: Current trends and the roadahead”, The EuroBiotech Journal, v. 2, n. 3, luglio 2018; https://content.sciendo.com/view/journals/ebtj/2/3/article-p137.xml

 


  

Intervista con Constantinos Vorgias
di M. B.

Constantinos Vorgias insegna biochimica presso la National and Kapodistrian University di Atene. È uno dei protagonisti del Greek Bioeconomy Forum.

 

L’agricoltura è l’attore principale

 

Uno dei protagonisti del Greek Bioeconomy Forum, Constantinos Vorgias, racconta il grande potenziale della Grecia in materia di bioeconomia. Senza dimenticare i punti deboli e la necessità di aumentare la consapevolezza nell’opinione pubblica.

 

Quali sono i punti di forza della bioeconomia greca?

“La Grecia si sta lentamente riprendendo da una crisi finanziaria, politica e strutturale. La mia impressione personale è che il 2019 sarà un anno molto positivo e importante; sebbene a metà del 2019 ci saranno le elezioni a livello nazionale ed europeo. Molte persone in Grecia promuovono il concetto di bioeconomia, nonostante non si siano ancora definite come parte del network operativo greco sulla bioeconomia. Questo succede perché sono sopraffatte da termini come sostenibilità, economia circolare, protezione dell’ambiente e riciclo dei rifiuti. Dal mio punto di vista i punti di forza della bioeconomia greca possono essere riassunti in: (a) potenziale inesplorato a tutti i livelli, con molto spazio per nuove attività; (b) sfruttamento molto ridotto delle risorse naturali in particolare a causa della elevata biodiversità nell’ambiente marino e terrestre; (c) quantità di manodopera: molti giovani con un alto livello di istruzione sono disoccupati e probabilmente pronti a riconsiderare i loro profili professionali; (d) presenza di strutture nella produzione primaria e nelle industrie collegate sia a livello familiare che su piccola scala, quindi è più che necessaria un’iniziativa che le raggruppi; (e) posizione geografica della Grecia – un paese stabile e sicuro – particolarmente interessante poiché ha un buon accesso al Medio Oriente e al mondo arabo e può quindi diventare la porta di accesso naturale per questi mercati; (f) il clima mite e le infrastrutture esistenti sono beni economici di grande valore.”

 

E i punti deboli?

“Anche i punti deboli vanno considerati: mancanza di volontà politica e di un’istruzione specifica a tutti i livelli; debole partecipazione ai principali network europei; assenza di studi di fattibilità; scarsa percezione del potenziale della sostenibilità; assenza di consapevolezza nell’opinione pubblica; mancanza di sforzi sostanziali per creare un contesto per la commerciabilità delle innovazioni ‘verdi’; instabilità negli ambienti istituzionali e fiscali; catene di rifornimento di materie prime disorganizzate e costose; difficoltà burocratiche riguardo alle licenze; scarsa preparazione tecnica degli agricoltori; e riduzione dell’impiego nel settore primario.

Convertendo in numeri queste informazioni, il settore della bioeconomia in Grecia ha un volume d’affari di circa 27 miliardi di euro e mezzo milione di lavoratori, l’80% dei quali occupati nel settore agricolo. Solo circa il 3% delle biomasse attualmente disponibili viene sfruttato (principalmente per produrre carburanti), mentre i residui agro-industriali non sfruttati potrebbero rendere circa 10,2 PJ (petajoule). Si stima che la produzione annuale di rifiuti della Grecia sia di 57.983.751 tonnellate; compresi i rifiuti agricoli e industriali (53%) e il letame (47%). Basandosi su uno scenario di trattamento anaerobico, si potrebbero generare 21,9 Twh di elettricità, che corrispondono al 39% del consumo lordo di elettricità in Grecia.”

 

Quali sono i principali attori della bioeconomia in Grecia?

“Il principale attore della bioeconomia, in termini di produzione, è il settore agricolo. Nel 2017 esso ha contribuito al 4,1% del pil, il 70% del quale in prodotti agricoli e il 30% in prodotti di origine animale. Oltre a 25 impianti per il biogas, in Grecia operano 12 impianti per la produzione di biodiesel, arrivando a circa 130.000 m3, che rappresentano il 93% del biodiesel utilizzato nel settore nazionale dei trasporti. A livello accademico e di ricerca, a parte le facoltà di agronomia, prevalgono diverse organizzazioni di ricerca, come Hellenic Centre for Marine Research; Centre for Renewable Energy; Hellenic Agricultural Organisation (HAO) DIMITER; Centre for Research and Technology-Hellas (CERTH) e The Agricultural University of Athens.

In termini di istruzione superiore, negli ultimi anni sono stati istituiti due corsi per un Master’s degree. L’International Hellenic University (corsi via web) con un MSc in Bioeconomia: Biotecnologia e Legislazione; e il Master in Bioeconomia, istituito in collaborazione dalla National and Kapodistrian University of Athens (Dipartimento di Biologia) e la Piraeus University (Dipartimento di Economia). Il Bioeconomy Laboratory è collegato al Master in Bioeconomia e rappresenta il luogo di collaborazione tra accademia e bioindustria. Sono attivi due dei principali think thank/cluster: il Greek Bioeconomy Forum, la piattaforma greca dove si incontrano individui e soggetti coinvolti interessati alla bioeconomia e all’economia circolare; e il cluster Bioenergy and Environment of Western Macedonia.”

 

La Grecia non ha ancora una strategia nazionale per la bioeconomia. È in programma che ne venga implementata una a breve? 

“Sfortunatamente i politici greci, esattamente come molti loro colleghi europei, non hanno familiarità con il concetto e il potenziale della bioeconomia. Si preoccupano più che altro di riciclo dei rifiuti e quindi di economia circolare. Però ci sono alcuni sviluppi: quest’anno la Grecia ha istituito una Strategia nazionale per le foreste e l’economia circolare, e sono in arrivo molte altre iniziative. In generale, abbiamo l’impressione di una mancanza di volontà del governo di adottare una strategia nazionale, nonostante il paese abbia firmato il protocollo di sostenibilità delle Nazioni Unite pubblicato nel 2015. Quindi dovrebbe essere un’iniziativa obbligatoria dal basso verso l’alto. Un gruppo di esperti deve riunirsi e stilare un rapporto sulle potenzialità e sul loro impatto sull’economia nazionale. Questo rappresenterebbe un passo avanti essenziale verso il convincimento dei decisori politici a formulare una strategia nazionale. Per quanto ne so, altri paesi dell’Ue stanno vivendo lo stesso problema. Di fatto, finora solo pochi paesi in Europa si sono dotati di una Strategia nazionale concreta. Stiamo considerando la possibilità di realizzare presto questa iniziativa, perché il quadro generale è ancora sfocato.”

 

Lei sostiene che c’è una mancanza di consapevolezza nell’opinione pubblica greca. Qual è la percezione generale della bioeconomia nel suo paese?

“La popolazione è prevalentemente inconsapevole e disinformata. Inoltre, c’è una percezione negativa da parte dei cittadini basata su un brutto precedente creato dalla combinazione rappresentata dalla mancanza di informazioni accurate e dalla propaganda degli attivisti (per esempio la questione ogm). Questa pressione ha obbligato il governo ad adottare misure estreme contro le moderne biotecnologie che a loro volta hanno avuto effetti fatali sull’agricoltura e l’economia della Grecia.

 

Il Greek Bioeconomy Forum è un’iniziativa privata, nata circa due anni fa, il cui obiettivo è informare la popolazione sulla bioeconomia e sostenere le autorità pubbliche nella sua diffusione e radicamento nel paese. Dalla risposta della popolazione vediamo che la partecipazione è in costante aumento e sempre più persone vogliono capire e contribuire ai vari aspetti della bioeconomia. Un piano d’azione completo potrebbe comprendere: progettare e organizzare un maggior numero di attività ed eventi che creano consapevolezza riguardo alla bioeconomia; informare i cittadini sui problemi che li interessano correlati alla bioeconomia; creare showcase di prodotti biobased, per offrire un’esperienza concreta del concetto di bioeconomia; utilizzare strumenti appropriati per ogni gruppo di target, sfruttando gli strumenti di conoscenza già sviluppati come il toolkit Bioways; rivolgersi ai bambini e ai giovani, coinvolgendo gli educatori nel circuito della comunicazione; facilitare l’espressione da parte dei cittadini dei loro punti di vista e dei loro interessi; e aumentare l’impatto dei progetti sovvenzionati dalle istituzioni attraverso una collaborazione tra progetti e il coinvolgimento attivo di tutti i possibili soggetti interessati.”

 

Lei è un professore: qual è il ruolo del sistema dell’istruzione nella bioeconomia greca?

“A livello della scuola superiore è stato fatto un gran lavoro negli ultimi 20 anni e la predisposizione dei giovani riguardo ai problemi ambientali è cambiata in positivo. A livello universitario le facoltà tecniche e di agronomia sono relativamente attive nei loro programmi. Però la bioeconomia non esiste ancora come corso a sé stante, sebbene ci siano programmi post-laurea (Master’s degree), che ho già menzionato. Penso che il punto di critical mass sia stato raggiunto e sia necessario essere organizzati sotto un corpo legislativo strategico nazionale. 

Mi fa molto piacere il fatto che nel prossimo semestre avvierò il primo corso post-laurea in Bioeconomia alla Piraeus University. È anche essenziale disporre di materiale educativo. L’iniziativa europea per l’Educazione alla Bioeconomia, proposta lo scorso anno a Lodz, deve guadagnare terreno in modo che un Consorzio europeo per l’educazione possa fornire un’istruzione solida e concettuale alle prossime generazioni. Il collo di bottiglia principale per la bioeconomia attualmente è la mancanza di giovani bioeconomisti. Dobbiamo lavorare su questo aspetto insieme ai soggetti coinvolti.” 

 

 

Bioeconomy Laboratory, www.bioeconomylab.gr

Greek Bioeconomy Forum, bioeconomyforum.gr

Bioways, www.bioways.eu

 

Immagine in alto: Competizione fotografica sulla bioeconomia organizzata dal Bioeconomy Forum. Primo premio a Ermioni Raftopoulou