Dai supervermi che hanno imparato a mangiare e metabolizzare il polistirene, alla larva della cera, in grado con la sua saliva di scomporre il resistente polietilene. Insomma, i vermi si stanno dimostrando sempre più preziosi alleati per la lotta all’inquinamento da plastiche e il biorisanamento.
Sono stati i ricercatori del centro di ricerca biologica di Madrid ad individuare per la prima volta due enzimi in grado di degradare rapidamente i polimeri del polietilene a temperatura ambiente. Tutto dopo avere passato al setaccio ben 200 proteine presenti nella saliva della larva.

Così gli enzimi della larva della cera ossidano il polietilene

Il polietilene, conosciuto anche con la sigla (PE), è una delle plastiche più utilizzate, costituisce circa il 30% della produzione e viene utilizzato per un'ampia gamma di materiali, tra cui tubi, pavimenti, bottiglie e contenitori per alimenti. Come riporta lo studio, questa plastica è densa ed è molto lenta a decomporsi in natura poiché è altamente resistente all'ossigeno.
"Pensiamo che gli enzimi del verme della cera (larva di Galleria mellonella) siano in grado di accelerare l’invecchiamento del polietilene - ha affermato alla BBC Clemente Arias, coautore del Consiglio nazionale delle ricerche spagnolo - Questi enzimi da soli possono ossidare la plastica, un processo che nell'ambiente (degradazione biologica) richiede troppo tempo”.
La maggior parte dei tentativi nel degradare polietilene sono stati fatti usando calore o luce, ma non hanno mai dato i risultati sperati. “Affinché la plastica si degradi, l’ossigeno deve penetrare nel polimero - ha spiegato
Federica Bertocchini, coautrice dello studio - Questo è il primo passaggio dell’ossidazione, che di solito è il risultato dell’esposizione alla luce solare o alle alte temperature”.
Il team di ricercatori ha analizzato la saliva del verme della cera mediante microscopia elettronica e isolato
due enzimi specifici appartenenti alla famiglia delle fenolossidasi: Demetra e Cerere. Il primo ha un effetto visibile sulla degradazione della plastica, formando in poco tempo una serie di buchi superficiali. Anche la seconda proteina ossida rapidamente il polimero ma senza lasciare segni visibili a occhio nudo.

La ricerca di enzimi efficaci per il biorisanamento

Nonostante ci siano ancora diverse incognite, lo studio pubblicato su Nature Communications potrebbe rivoluzionare il campo del biorisanamento delle plastiche. “Immaginiamo che la scoperta possa trovare applicazione nei grandi impianti di gestione rifiuti della plastica – ha detto Bertocchini - Si potrebbe eventualmente brevettare un kit per degradare la plastica in casa. Il campo della biodegradazione si concentra su batteri, funghi e sulla ricerca di enzimi. Ora abbiamo alcuni enzimi che funzionano, quindi l'idea è di provarci".
Secondo Clement
e Arias c’è ancora tanto da scoprire: “Vogliamo capire se la saliva sta lavorando sul polimero o sugli additivi che vengono utilizzati per rafforzare questo tipo di plastica Inoltre dobbiamo anche scoprire perché questo tipo di larva possiede tali enzimi e qual è la loro funzione nella vita quotidiana della larva”.

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