Foto di Iwan Baan

 

Per sua natura la città si propone come motore di accelerazione di formule integrate di economia circolare. La stretta vicinanza tra i cittadini, le attività produttive, le reti commerciali, i fornitori di servizi, gli enti di formazione e le istituzioni, crea una piattaforma ideale per attivare rapidamente forme efficaci di collaborazione e di modelli di business che chiudono il cerchio. La città agisce come hub per la circolazione di materiali e servizi, offre competenze diversificate e contemporaneamente clientela attenta a nuove sperimentazioni. 

Se guardata come strumento per attrarre e rimettere in circolazione i “nutrienti” (siano essi tecnologici, biologici o culturali), la città racchiude – nell’accezione più concentrata – le parole chiave dell’economia circolare: materia, servizio, rete, formazione, integrazione. 

È quindi in particolare agli scenari urbani che bisogna rivolgere lo sguardo se si vogliono individuare le soluzioni più innovative con cui questo ruolo può prendere concretamente forma.

Realizzando il celebratissimo Bosco Verticale, Stefano Boeri ha proposto una visione della città in cui il rapporto tra attività umane e ambiente viene coniugato secondo formule nuove, riuscendo in una sintesi di obiettivi fin qui considerati inconciliabili, come per esempio l’elevata densità abitativa, la garanzia di un rapporto equilibrato tra superfici verdi e costruite e la conservazione della biodiversità anche in ambito urbano. Dal successo dell’edificio realizzato a Milano – vincitore dell’International Highrise Award 2014 e premiato come “grattacielo più bello e innovativo del mondo” – si è sviluppata non solo una vasta serie di architetture alberate proposte anche da altri progettisti in diverse parti del mondo, ma lo stesso Boeri ha elaborato progetti a scala urbana, che esaltano il potenziale del vertical foresting sul piano del miglioramento della qualità ambientale e abitativa e del contenimento dei consumi di suolo ed energia.

Materia Rinnovabile ha raggiunto l’architetto milanese nel suo studio per un confronto sul ruolo della città e della cultura progettuale nella transizione verso modelli di relazione tra ambiente e società orientati alla sostenibilità.

 

Bosco Verticale si propone come un modello per la realizzazione di edifici residenziali sostenibili che alla funzione abitativa integrano quella di riforestazione metropolitana, contribuendo alla rigenerazione dell’ambiente e della biodiversità senza espandere ulteriormente la città sul territorio. “Una casa per gli alberi abitata dagli uomini”, così la definisce lo stesso progettista. Il primo Bosco Verticale, realizzato a Milano, è composto da due torri residenziali di 110 e 76 metri di altezza: ospita 900 alberi (alti 3, 6 o 9 metri), oltre 20.000 piante e una vasta gamma di arbusti e piante floreali distribuiti in base alla posizione della facciata rispetto al sole. Se disposta su un piano orizzontale la stessa quantità di alberi occuperebbe una superficie di 7.000 metri quadrati.

 

Come pensa che debba cambiare la cultura di chi progetta, pianifica e amministra le città per fare di questi organismi davvero degli hub di una nuova economia? Anzi per trasformarli in qualcosa di molto di più, dei luoghi in cui il rapporto tra attività umane, risorse e società si rifonda su nuove basi?

“Oggi dobbiamo fare i conti con risorse che non sono più infinite; che si sono esaurite o sono sempre meno disponibili, come la terra, le materie prime, le risorse di investimento pubblico. 

Per questo sono fondamentali le risorse sociali e intellettuali che sono male utilizzate o addirittura disprezzate, come le culture cosmopolite che oggi abitano le nostre ‘città mondo’ o le centinaia di giovani imprese creative che sostengono, senza essere riconosciute, l’economia delle nostre città. 

Ma non basta: oggi dobbiamo anche imparare a sfruttare al meglio sinergie e connessioni tra risorse diverse e apparentemente lontane. Unire entro un ciclo unico – come quello della nutrizione, o del sapere, o della rigenerazione urbana – filiere produttive, processi ed energie che nascono da mondi diversi e coprono fasi diverse del percorso di produzione e consumo delle merci e dei servizi. Senza mai sottovalutare l’effetto moltiplicatore che la bellezza, la coerenza estetica, l’eleganza dello stile, hanno sul valore economico e commerciale di un prodotto. La bellezza non è una condizione stabile, non si costruisce a tavolino; ma sappiamo che in Italia – nella storia del design, della moda, del cinema, dell’arte – è stata quasi sempre il frutto di una combinazione di semplicità e inventiva. Non ci sono garanzie per raggiungere la bellezza, ma tra le sue condizioni preliminari, c’è certamente quella di saper ‘fare di più con meno’. La bellezza è un valore aggiunto che quando si posa su un oggetto ne accelera, quasi per contagio, la comunicazione; è una risorsa straordinaria che premia spesso chi sa disciplinare il proprio talento creativo e usarlo per offrire nuova vita a risorse limitate. Per esempio a un pezzo di marmo, a un lampione e a un tubo di acciaio.” 

 

Il Bosco Verticale di Nanchino, i cui lavori dovrebbero concludersi ne 2018, è il terzo prototipo – dopo Milano e Losanna – di un progetto sulla demineralizzazione e forestazione urbana che Stefano Boeri Architetti sta portando avanti in tutto il mondo e, in particolare, in altre città della Cina, tra cui Shijiazhuang, Liuzhou, Guizhou, Shanghai e Chongqing. L’interesse in Cina verso i progetti di Vertical Forest e Forest City è confermato dalla pubblicazione, ad aprile, del libro A Forest City, a cura di Stefano Boeri Architetti Cina e pubblicato dalla Tongji University Press.

 

L’infrastrutturazione digitale è stata descritta come una nuova determinante nella trasformazione della città, dopo quelle rappresentate dalla realizzazione delle reti energetiche e dai trasporti. Che rapporto vede tra questa fase di trasformazione digital based e l’instaurarsi di nuove forme di uso dello spazio?

“Penso al tema dell’energia. La sfida oggi è compensare la crisi del modello centralizzato tradizionale, con la graduale crescita di un ciclo dell’energia che nasca dalla diffusione nei territori di migliaia di ‘reti intelligenti’ di produzione e distribuzione di energia pulita. Usando le tecnologie dell’informazione digitale per favorire lo scambio di informazioni e la condivisione dell’energia prodotta. 

Non basta più costruire edifici-collettori di energia solare ed eolica. Servono edifici che, a partire dalle nostre infrastrutture sociali diffuse – le scuole, i teatri, i musei – fungano anche da accumulatori e distributori di energia. Edifici che funzionino come micro-centrali elettriche, grazie per esempio alle innovazioni nell’uso dell’idrogeno come accumulatore e di altri dispositivi che permettono di conservare l’energia prodotta localmente.

Ed è proprio da qui, dalla trasformazione della natura dei terminali ultimi di consumo che nasce l’idea di un nuovo ciclo dell’energia che, come ha proposto Jeremy Rifkin, porti gradualmente a realizzare degli edifici che assorbono e conservano più energia di quanto serva per il loro sostentamento. E che siano, quindi, in grado di offrirne e venderne di continuo al loro intorno: ai vicini, ai condomini, al quartiere.” 

 

Taranto Calling è uno dei tre progetti vincitori del concorso di idee OpenTaranto che ha come obiettivo la riqualificazione del centro storico di Taranto – la Città Vecchia – un’isola tra due mari, oggi in stato di abbandono, nonostante le sue straordinarie potenzialità. La proposta progettuale prevede una serie di interventi fisici e immateriali volti a migliorare la qualità della vita configurando un sistema di welfare urbano e un sistema di infrastrutture sociali per rafforzare la comunità urbana e fornendo servizi per i residenti permanenti e temporanei. Lo spazio pubblico diviene l’asse portante della trasformazi-one, definendo una maggiore permeabilità e accessibilità, fuori e dentro l’isola, e costruendo un rapporto di continuità con il mare, troppo spesso negato.

 

Quale è a suo avviso il soggetto, o i soggetti, che in questo scenario hanno la maggiore potenzialità per agire come driver della trasformazione? La società civile, ossia le persone, i cittadini? Le istituzioni? Le imprese? 

“‘Fare di più con meno’ significa che lo sviluppo economico non è solo una variabile dei meccanismi finanziari e delle relazioni internazionali tra le banche centrali. Rilanciare l’Italia significa progettare un nuovo rapporto tra la società, lo Stato e i suoi territori. Capire che il valore aggiunto che l’Italia può offrire nasce proprio da un’antica attitudine a vivere ogni processo economico come un progetto di territorio, a considerare il rischio di impresa una variabile delle relazioni sociali, a trasmettere ai prodotti artigianali e industriali le caratteristiche distintive delle donne, degli uomini e dei luoghi da cui nascono.”

 

La nuova mensa per Amatrice è un progetto sviluppato grazie alla campagna di raccolta fondi “Un Aiuto Subito, Terremoto Centro Italia”, promossa da Il Corriere della Sera, TgLa7, Tim e Starteed. Il progetto “Amate Amatrice” rappresenta una sfida per i tempi brevi di realizzazione richiesti e per il budget quasi interamente limitato al costo dei materiali. Grazie alla versatilità degli edifici, in caso di necessità la loro destinazione d’uso potrà essere rapidamente modificata, una volta che la città sarà ricostruita e necessiterà di ulteriori servizi. Il primo edificio a essere realizzato è la mensa scolastica; in seguito sarà costruito il polo della ristorazione intorno alla corte aperta. La struttura sarà un luogo a disposizione della comunità e un punto di riferimento per i centri circostanti. In termini occupazionali darà lavoro a circa 130 persone.

 

Dal Bosco Verticale alla Città Foresta: che ruolo possono avere questi progetti nel dare corpo a una “bioeconomia urbana”? Si tratta di progetti mossi da un intento dimostrativo o si propongono come elementi di una strategia che fa capo a una nuova visione di città?
E in questa visione la natura, il verde, entra come elemento di qualità ambientale e dell’habitat o anche come parte vitale dell’economia urbana?

“La sfida alla base del Bosco Verticale e dei progetti di Città Foresta che stiamo portando avanti in Cina è proprio quella di aprire nuove possibilità in termini di integrazione tra natura e architettura, dando vita a una visione della città completamente nuova. Gli edifici diventano habitat non solo per gli uomini, ma anche per piante e animali. E allo stesso tempo, oltre ai vantaggi in termini di salute e qualità della vita, intervengono in modo diretto sul bilancio dell’economia urbana. Gli alberi in un contesto urbano contribuiscono a diminuire le temperature all’interno degli edifici dai 2° ai 5°C, consentendo una riduzione del 30% nella climatizzazione degli ambienti e garantendo in questo modo un notevole risparmio energetico. Inoltre il verde trattiene l’acqua, riducendo il rischio di inondazioni e allagamenti, con i benefici economici che questo comporta. Un insieme di azioni e fattori che rendono i progetti come il Bosco Verticale strumenti per recupero e ottimizzazione delle risorse, idriche ed energetiche.” 

 

Tirana 030 rappresenta la “visione” per il futuro di Tirana da qui al 2030. Tirana è una città con altezze medie non elevate, ma una densità tra le maggiori d’Europa, come se fosse stata compressa sacrificando tutti gli spazi aperti. La strategia punta a far leva sul vuoto per generare spazio pubblico, e sulla natura e sull’agricoltura per assorbire le diversità e le complessità interne ai nuovi confini urbani. Tra gli interventi proposti vi sono: un sistema boschivo continuo intorno alla metropoli; nuovi corridoi ecologici lungo i fiumi; un anello verde di circonvallazione realizzato intorno alla grande Tirana come spazio pubblico lineare e di mobilità di raccordo; il rilancio dei centri minori come network diffuso di poli turistici, agricoli e produttivi in comunicazione tra loro e con l’area urbana.

 

Economia circolare, altra sfida per il mondo della progettazione. Il costruire è attività a elevato consumo di risorse e con livelli di “circolarità” ridicolmente bassi, in molte realtà (Italia compresa). Quali sono a suo avviso le principali strade che la cultura progettuale e le politiche urbane possono intraprendere per raggiungere risultati efficaci in questo ambito?

“Il tema dell’economia circolare richiede un’inversione di rotta nell’attuale politica economica del nostro paese. Una delle prime sfide che le politiche urbane devono affrontare, da qui ai prossimi anni, è quella legata al legno, materiale ecologico per eccellenza e risorsa insostituibile per il nostro territorio, considerando che in Italia la quantità di foreste spontanee continua ad aumentare per l’abbandono dei campi e dei villaggi appenninici. Per cambiare direzione verso una netta riduzione del consumo di risorse nell’edilizia, serve un progetto nazionale: un sistema di distretti del legno distribuiti su tutto il territorio e una filiera che copra l’intero ciclo di vita e utilizzo del legno, dal taglio fino al riciclo e al reinserimento nel ciclo produttivo. Come nel secolo scorso il carbone e l’acciaio hanno regolato un intero modello di produzione, ora è il momento di investire sui boschi e le foreste per arrivare a immaginare un paesaggio in cui la forestazione, anche urbana, diventi un modello economico, oltre che un tema ambientale e sociale.” 

 

Tutte le immagini: ©Stefano Boeri Architetti