Invece di prendere la via della discarica o della termovalorizzazione, quegli scarti oggi possono diventare cartone per packaging di pregio, il cartoncino su cui stampiamo gli inviti per il nostro matrimonio o la carta della rivista che state sfogliando. O mille altre cose ancora. Tutto questo lo dobbiamo a Favini, cartiera italiana tra le più attive a livello internazionale nella ricerca, sviluppo e produzione di carte e specialità grafiche innovative e speciali. E che sta dimostrando da diversi decenni un’attenzione particolare all’ambiente. È stata infatti una delle prime aziende italiane a redigere il bilancio ambientale ed è stata la prima cartiera in Italia ad aver ottenuto la certificazione ISO14001 per il sistema di gestione ambientale. Inoltre, Favini porta avanti programmi concreti per la diminuzione del consumo di acqua ed energia e delle emissioni inquinanti dei propri stabilimenti produttivi. “Il nostro obiettivo è unire  la produzione di carta di qualità con la riduzione del nostro impatto sull’ambiente” spiega Michele Posocco, Brand Manager di Favini. “Non è quindi un caso che proprio Favini sia stata la prima cartiera italiana a sviluppare una gamma intera di prodotti ecologici. L’opportunità nacque all’inizio degli anni ’90 quando il Magistrato delle Acque di Venezia creò un comitato di esperti per fronteggiare l’eccessiva diffusione delle alghe in laguna, che creavano non pochi problemi al turismo e alla navigazione.

 

Abbiamo aderito con entusiasmo a questo comitato per capire se fosse possibile usare le alghe nella produzione della carta. Grazie a uno studio durato un anno e finanziato dall’Unione europea nell’ambito del progetto Life abbiamo sviluppato Shiro Alga Carta, il capostipite dei nostri progetti sostenibili, una carta versatile con caratteristiche del tutto comparabili con le altre carte della stessa grammatura.” Le alghe non hanno un forte contenuto di cellulosa e Favini ha dovuto sviluppare un processo industriale innovativo, brevettato a livello mondiale insieme al prodotto. Il cuore del processo industriale consiste nell’essiccazione delle alghe e nella successiva macinazione in un mulino micronizzatore.  La polvere così ottenuta, costituita da grani con dimensioni da 200-300 micron a mezzo millimetro, va a sostituire una parte della cellulosa nell’impasto della carta. In venti anni sono state prodotte 15.000 tonnellate di Shiro Alga Carta  per le applicazioni più disparate: dal packaging per gli occhiali di Armani agli shopper, ai libri,  ai cataloghi, alle carte per gli inviti. Se inizialmente le alghe provenivano soltanto dalla laguna  di Venezia, Favini nel corso del tempo ha  iniziato a importarle da varie parti del pianeta (l’ultima in ordine di tempo è stata la Normandia) anche perché, per fortuna, il problema delle alghe in laguna si è ridimensionato.

 

Favini in numeri

  • Favini opera da oltre 270 anni nel mercato della produzione di carta (1736)
  • Due stabilimenti, entrambi in Italia
  • 450 dipendenti
  • 150 milioni euro di fatturato (circa  70% export)
  • 70.000 tonnellate di carta prodotta ogni anno
  • Una delle prime aziende in Italia a redigere il bilancio ambientale
  • Prima cartiera in Italia ad aver ottenuto  la certificazione ISO14001

 

La Carta Crush

Dopo Shiro Alga Carta, Favini ha iniziato lo studio di tutta una serie di sottoprodotti del settore agroindustriale simili alle alghe ma con quantità superiori di fibra. Sono stati creati diversi filoni di ricerca e realizzati alcuni prodotti pilota. Nel 2012 si è arrivati a Carta Crush, che rappresenta un’evoluzione migliorativa di Shiro Alga Carta. Con Carta Crush Favini nobilita scarti altrimenti destinati alla discarica, all’alimentazione animale o alla produzione energetica rendendoli compatibili con la produzione di carte ecologiche di alta qualità. Carta Crush è costituita per il 15% da scarti della filiera agroindustriale italiana, è Ogm free ed è riciclabile e compostabile. Vengono usati gli scarti della lavorazione di cacao, olive, caffè, agrumi, vino, distillati, grappe, tutti lavorati con il mulino micronizzatore. I residui dell’ingrediente principale sono percepibili a occhio nudo, con una consistenza piacevole al tatto lungo tutta la superficie della carta. “Un contenuto del 15% è il massimo che oggi riusciamo a raggiungere senza inficiare la tinta, la stampabilità, il punto di bianco e le caratteristiche meccaniche della carta” spiega Flavio Stragliotto, direttore degli stabilimenti produttivi di Favini.  “In alcuni casi siamo riusciti ad aumentare questa percentuale, come per gli scarti delle vinacce, con le quali arriviamo al 30%, e a CartaCrusca (20%) che abbiamo sviluppato lo scorso anno con Barilla per realizzare le scatole regalo dell’alta gamma ‘Accademia Barilla’. Non tutti gli scarti sono adatti per la produzione di Carta Crush” prosegue Stragliotto. “Per esempio, non siamo riusciti a usare gli scarti della torrefazione del caffè a causa della pellicina che ricopre il chicco (il cosiddetto pergamino) dall’elevato contenuto di oli e grassi, che a differenza della cellulosa hanno poca affinità con l’acqua: la produzione della carta avviene in acqua e quindi difficilmente può essere usato uno scarto ricco di oli. Il nostro team interno di Ricerca&Sviluppo, composto da sei persone, sta cercando di trovare nuovi scarti per l’impasto della carta, oltre a lavorare per migliorare i nostri prodotti standard e renderli meno impattanti sull’ambiente.” La differenza di costo tra Crush e una carta tradizionale è di circa il 5-10%, una forchetta che dipende dalla tipologia di scarto. Ogni sottoprodotto deve essere lavorato in maniera diversa: gli scarti di agrumi e mais hanno un costo basso, a differenza delle vinacce, che sono più complesse da preparare. “I macchinari delle nostre linee di produzione sono standard e poi da noi li abbiamo adattati alle produzioni” spiega Flavio Stragliotto. “Il mulino, che è il cuore del processo per produrre Carta Crush, è stato acquistato da un’azienda italiana per realizzare Shiro Alga Carta e l’abbiamo modificato per adattarlo alle nostre esigenze successive.”

 

 

Carta Crush Agrumi

Ogni anno in Italia per produrre i succhi si usa una quantità di agrumi pari a un milione di tonnellate. Ma soltanto il 40% dopo la spremitura diventa succo e il 60% (600.000 tonnellate) subisce delle rilavorazioni per la produzione di altri prodotti: oli essenziali, bioetanolo, pneumatici, pectina ecc.  Il sottoprodotto di queste nuove lavorazioni, chiamato pastazzo depectinizzato, in genere viene disidratato e compattato per essere utilizzato come integratore nei mangimi animali o per la produzione di energia. Oppure va a finire in discarica. È a questo punto della filiera che interviene Favini, rivalorizzando per la prima volta il pastazzo depectinizzato e rendendolo compatibile con la produzione di carte ecologiche di alta qualità. Nasce cioè Carta Crush Agrumi.

 

Un mix amico dell’ambiente

I vantaggi ambientali di Carta Crush non si limitano al contenuto di scarti della filiera agroalimentare.  Il 30% proviene da carta da riciclo e Favini possiede tre turbine idroelettriche, attive dagli anni ’90, che sfruttano il salto di un torrente che sfocia nel Lago Maggiore, con una potenza complessiva di quasi 2 MW. La generazione elettrica di queste turbine permette di produrre 2.000 tonnellate l’anno di carta, quindi sufficienti per soddisfare il fabbisogno annuo di Carta Crush. La parte restante dell’energia necessaria per far funzionare gli stabilimenti produttivi proviene per il 50% dalla rete elettrica e per il 40% da un impianto di cogenerazione a gas, che oltre all’energia elettrica, produce calore usato per asciugare la carta. Grazie al consumo di energia da fonti rinnovabili e all’uso degli scarti agroindustriali e in base a misure effettuate con la metodologia Lca verificate da Dnv Business Assurance, la produzione di Carta Crush ha un contributo in termini di emissioni a effetto serra del 20% inferiore rispetto alla produzione di carta tradizionale. “Sempre sul fronte ambientale, mi piace sottolineare che le fibre vergini da noi utilizzate (conifere, eucalipto, faggio, pioppo) provengono da foreste certificate Fsc (Forest Stewardship Council), quindi coltivate in maniera sostenibile: la foresta è sfruttata come una piantagione e non appena si tagliano gli alberi ne vengono subito piantati di nuovi” afferma Flavio Stragliotto. “Fsc è sostenuta anche da associazioni ambientaliste internazionali del calibro di Greenpeace e Wwf e ha dato un volto nuovo al mondo della carta: negli ultimi 20 anni ha fatto un grosso lavoro per rendere più sostenibile il settore e coinvolgere un numero sempre maggiore di produttori. Per quanto riguarda l’uso di sostanze chimiche, nella produzione di Carta Crush usiamo solamente quelle standard dell’industria cartiera. Carta Crush ha un colore che ricorda quello del materiale di partenza e se non fosse così perderemmo in termini di impatto ambientale.” Favini possiede due stabilimenti produttivi: uno a Rossano Veneto, in provincia di Vicenza (dove viene prodotta Carta Crush), e uno a Crusinallo (Verbano-Cusio-Ossola). Entrambi gli stabilimenti sono certificati ISO14001 e quello di Crusinallo ha anche la certificazione Emas, e questo vuol dire che l’azienda ha in atto dei programmi di miglioramento ambientale aggiornati di anno in anno. “In confronto alla media nazionale, Favini  si pone all’avanguardia per il rispetto dell’ambiente” spiega Flavio Stragliotto.  “Tanto per fornire un esempio concreto, pensiamo al nostro consumo di acqua: se a fine anni ’90  il nostro consumo di acqua era di 80 litri per chilo di carta prodotta, a fine dello scorso anno siamo arrivati a 15 litri e stiamo scendendo ancora, contro una media nazionale tra i 35 e i 40 litri. Tutte le cartiere si stanno muovendo per ridurre l’impatto ambientale e probabilmente quelli che ci riescono meglio siamo noi perché oltre a ridurre l’impatto delle attività tradizionali stiamo sviluppando  il filone di prodotti dall’alto contenuto ecologico. Ovviamente i nostri stabilimenti produttivi,  come qualunque attività umana, hanno un impatto sull’ambiente ma neutralizziamo le emissioni  di CO2 residue non evitabili con l’acquisto di crediti per la riforestazione di un parco in Uganda  e abbiamo finanziato la realizzazione di un impianto eolico in India. Inoltre, sponsorizziamo un progetto di salvaguardia di una foresta malgascia in Madagascar attraverso le attività  di un’associazione italiana.” 

 

 

Le applicazioni di Crush

“Inizialmente pensavamo che Carta Crush sarebbe stata utilizzata soprattutto nel settore ‘food e beverage’, ma in realtà si è fatta spazio nei campi più disparati. I nostri sono prodotti emozionali che coinvolgono l’utilizzatore perché  hanno contenuti elevati al passo con i tempi  e oggi il consumatore è sempre più attento alle tematiche ambientali” prosegue Posocco.  “Un esempio interessante è quello dell’azienda  di fashion Yamamay, che produce intimo:  ha usato Crush da caffè per la copertina dell’ultimo catalogo, che era dedicato ai Caraibi, un’area geografica che ha una forte produzione proprio  di caffè.” Di recente, Carta Crush è stata usata  per una nuova rivista di fotografia, in quanto  la resa fotografica è assai buona, e per una collana di libri di cucina pubblicata dal Corriere della Sera. Anche il numero di Materia Rinnovabile  che state sfogliando è stampato su Carta Crush  (da mais).

 

Di tutta la produzione Favini, Carta Crush rappresenta qualche punto percentuale  e si tratta quindi di una produzione di nicchia.  Il prodotto è comunque diffuso in 25 paesi: è stato il primo prodotto Favini a essere distribuito in Giappone, un mercato difficile da penetrare. Carta Crush ha vinto numerosi premi, tra cui l’Oscar dell’imballaggio, e la gift box di Academia Barilla realizzata in CartaCrusca ha ottenuto il Sette Green Award nella sezione packaging e il primo premio dell’Oscar dell’imballaggio IPACK-IMA 2015.

 

Info

www.favini.com