Un paese che ha l’ambizione di avere entro il 2030 una flotta di automobili circolanti non più alimentate da fonti fossili. Un’industria chimica nazionale che – entro lo stesso anno – punta a rendersi totalmente indipendente dal petrolio. Un sistema di impianti per la produzione di cellulosa e carta già oggi al 96% alimentati da fonti biologiche. È facile comprendere perché la Svezia “sta aprendo la strada per un futuro rinnovabile”, come rivendica orgogliosamente il Consiglio svedese per il commercio e gli investimenti nel suo documento Bioeconomy in Sweden. Il paese scandinavo, che ha chiuso il 2016 con una crescita della propria economia del 3,7% e che si trova al sesto posto nel mondo per la competitività, in base al Global Competitiveness Index (Gci) 2016-2017, “ha l’ambizione di essere un attore leader nel cambiamento verso una società con un più ampio uso di materiali rinnovabili”.

Un’ambizione legittima, se guardiano quali sono i suoi punti di forza: l’abbondante disponibilità di biomassa, il forte sostegno a ricerca, sviluppo e innovazione, la grande sensibilità ambientalista della popolazione, la presenza di un’industria tecnologicamente avanzata e di un largo numero di imprese multinazionali in diversi settori – come Tetrapak, Ikea, Volvo, Ericsson, H&M, SCA e Sandvik – che considerano centrale per il loro business lo sviluppo di nuovi materiali.

Secondo Growth Analysis, un’agenzia governativa controllata dal ministero per l’Impresa e l’Innovazione, nel 2014 la bioeconomia svedese rappresentava il 7,1% del valore aggiunto totale (due terzi dei quali provenienti dal settore forestale), con 350.000 addetti e il 22,9% delle esportazioni totali di beni.

 

Una strategia che punta sulle risorse rinnovabili

La sostituzione delle materie prime fossili con quelle rinnovabili è uno pilastri della strategia svedese sulla bioeconomia commissionata nel settembre 2011 dal governo di Stoccolma al Consiglio nazionale per la ricerca e lo sviluppo sostenibile (Formas), con il supporto dell’Agenzia per l’innovazione (Vinnova) e dell’Agenzia energetica nazionale. Il legno, ovviamente, gioca la parte del leone. “Le condizioni naturali geografiche della Svezia – si legge nella Strategia per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione per un’economia biobased – hanno da sempre significato che i prodotti provenienti dall’agricoltura e dalle foreste, così come dalla pesca, sono stati di grande importanza per lo sviluppo sociale”.

Gli altri tre pilastri sono lo sviluppo di prodotti più intelligenti e un uso più intelligente delle materie prime (compresi i sottoprodotti e il riciclo); il cambiamento delle abitudini di consumo e delle attitudini; l’implementazione di nuove politiche che evitino conflitti di obiettivi e creino una ottimizzazione del sistema. 

La sfida lanciata dal governo è trovare soluzioni che aumentino i benefici sia commerciali sia ambientali, preservando o incrementando la biodiversità e riducendo, tra gli altri, l’impiego di pesticidi e antibiotici.

 

Il settore forestale

A essere chiamato in causa è soprattutto il settore forestale, che vanta un grande patrimonio di materia prima. Dalla fine del 19° secolo l’industria svedese della cellulosa e della carta è divenuta via via leader a livello mondiale. Secondo l’Agenzia forestale svedese, il valore medio di un metro cubo di foreste è di circa 300 corone svedesi. Moltiplicato per il volume totale di 3 miliardi di metri cubi, si arriva a 900 miliardi di corone, ovvero circa 90 miliardi di euro. Si tratta di circa un quinto del prodotto interno lordo di tutta la Svezia. La fase di transizione in cui si trova questo settore, causata soprattutto dal declino della domanda di carta per giornali e per gli uffici, ha spinto le imprese alla ricerca di nuovi campi di applicazione. Si sono sviluppati così nuovi centri di ricerca: come l’Istituto svedese di ricerca forestale (Skogforsk) dove si svolge attività di ricerca applicata per ridurre il gap con l’industria. Oppure il Forest Machinery Cluster, che favorisce la cooperazione tra i ricercatori, le imprese forestali e l’industria e ha consentito alla Svezia di assumere una posizione di leadership nel mercato mondiale dei macchinari forestali. 

Il caso più emblematico di riconversione dell’industria forestale alla bioeconomia è quello della Stora Enso, il colosso della cellulosa e della carta che ha creato una divisione Biomateriali avendo come obiettivo l’estrazione di emicellulosa, zuccheri e lignina dagli scarti della produzione per ottenere prodotti a maggiore valore aggiunto. Nel 2015 è stato inaugurato a Stoccolma un Centro Innovazione che ospita ricerca, applicazione, sviluppo commerciale e marketing strategico. 

“Un altro passo importante sulla strada per la trasformazione di Stora Enso in una società di materiali rinnovabili” l’ha definito Karl-Henrik Sundström, amministratore delegato della società scandinava. “Siamo convinti che il nostro accesso alla biomassa, in combinazione con la competenza nel settore forestale in tutto il mondo, in futuro porterà vantaggi ai nostri clienti in modi nuovi e innovativi. Puntiamo allo sviluppo di un’offerta competitiva, che serva i clienti in più industrie e mercati, aggiungendo valore ai nostri flussi di cellulosa.” 

In questa direzione, la società guidata da Sundström ha investito lo scorso gennaio 12 milioni di euro per costruire una nuova linea produttiva per granuli biocompositi nello stabilimento di Hylte in Svezia. L’avvio della produzione è previsto per il primo trimestre del 2018, con una capacità annuale di circa 15.000 tonnellate. 

I granuli biocompositi sono un mix di fibre di legno, polimeri e additivi e vengono utilizzati come materie prime per lo stampaggio a iniezione e l’estrusione di prodotti tradizionalmente fabbricati esclusivamente in plastica. Il materiale può essere utilizzato in una vasta gamma di prodotti, dai beni di consumo (spazzole da piatto, pentole ecc.) alle applicazioni industriali, quali pallet o strutture portanti rinforzate da fibre di vetro.

 

Le grandi imprese: produttori e brandowners

Anche l’industria chimica guarda al settore dei biomateriali, trainata dal gruppo Perstorp, che destina l’85% delle proprie spese in Ricerca e Sviluppo alla sostenibilità ambientale. Leader mondiale nella produzione del polimero policaprolattone (Pcl), commercializzato sotto il marchio Capa, negli ultimi anni il gruppo svedese sta investendo nello sviluppo di nuove bioplastiche: nel 2014 è stato avviato un impianto pilota a Warrington, nel Regno Unito, e nel 2015 un laboratorio di ricerca e sviluppo nella cittadina di Perstorp. “Stiamo aumentando la nostra competitività nella bioplastica – fa sapere Linda Zellner, responsabile Progetto Bioplastics di Perstorp – dove intendiamo assumere una posizione di primo piano nello sviluppo di nuovi prodotti, dal momento che Capa Thermoplastics aggiunge valore significativo alle prestazioni dei biopolimeri e alle soluzioni di fine vita”.

In particolare, secondo la Perstorp, Capa è certificata come compostabile e 100% biodegradabile entro 45 giorni, è idroliticamente stabile, e quindi utilizzabile per moltissime applicazioni, ed è compatibile con biopolimeri come il Pha e il Pla. L’attenzione primaria dell’impresa è oggi su tre principali segmenti di crescita della bioplastica: rivestimenti di carta, borse, pellicole e imballaggi. 

Nel campo degli imballaggi e del packaging alimentare, la Svezia può vantare uno dei maggiori player al mondo: Tetra Pak. La società fondata nel 1951 a Lund ha già introdotto sul mercato un imballaggio come Tetra Rex 100% da fonte rinnovabile, prodotto esclusivamente con carta e con polimeri derivati da fonte vegetale. 

Allo stesso modo della carta certificata Forest Stewardship Council (Fsc), i polimeri possono essere tracciati all’origine e questo ha consentito al contenitore di ricevere il più alto livello di certificazione biobased da parte di Vinçotte, ente di certificazione riconosciuto a livello internazionale. I polimeri di origine vegetale utilizzati da Tetra Pak non sono made in Sweden, ma prodotti dall’impresa biochimica brasiliana Braskem che ricava la materia prima da canna da zucchero coltivata su terreni degradati.

I cartoni Tetra Pak Rex sono già utilizzati da colossi lattiero-caseari come la finlandese Valio e la danese Arla per commercializzare bevande a base di latte. Ed è solo un primo passo, perché Tetra Pak sta portando avanti trattative con numerose aziende in diverse parti del mondo per lanciare il contenitore. “Stimiamo – fanno sapere dalla multinazionale svedese – che considerato l’intero ciclo di vita del prodotto, la scelta del biopolietilene rispetto al polietilene di origine fossile riduca la carbon footprint del 20-35%”.

Dal packaging all’arredamento, una partnership tutta scandinava è quella tra Ikea e la finlandese Neste. La società di Espoo fornirà al colosso dei mobili svedese materie plastiche rinnovabili e biobased. Si tratta di una collaborazione che combina l’impegno di Ikea a ridurre la propria dipendenza dai materiali fossili vergini e la competenza di Neste nello sviluppo di nuovi prodotti da fonti rinnovabili, come residui e rifiuti.

“Siamo molto lieti – ha affermato Tuomas Hyyryläinen, Senior Vice President, Strategia e Nuove Imprese in Neste – di creare una partnership con Ikea. L’impegno di Ikea per avviare un cambiamento nell’industria è un passo estremamente importante nella ridefinizione del modo in cui i materiali saranno prodotti e come le materie prime saranno utilizzate nel prossimo futuro”.

“Ikea vuole contribuire a una trasformazione dell’industria e allo sviluppo di materie plastiche prodotte da fonti riciclate o rinnovabili. In linea con i nostri obiettivi, ci stiamo allontanando dai materiali plastici a base fossile a favore di quelli prodotti da fonti rinnovabili più sostenibili, come rifiuti e residui, non utilizzando olio di palma e derivati ​​come materia prima”, ha aggiunto Lena Pripp- Kovac, Sustainability Manager di Ikea.

Il tema della sostenibilità è un punto fermo anche per un’altra multinazionale svedese, Hennes&Mauritz AB, meglio nota come H&M, il gigante dell’abbigliamento con 116.000 dipendenti sparsi per il mondo, dal 2015 partner della Fondazione Ellen MacArthur per l’economia circolare.

“Alla H&M abbiamo una visione di lungo termine per diventare circolari al 100%, utilizzando per esempio materiali riciclati o da altre fonti sostenibili”, afferma Felicia Reuterswärd, Sustainability Manager alla H&M.

Uno degli ambiti di ricerca più promettenti, su cui sta investendo molto la stessa Stora Enso, è l’utilizzo del legno come materia prima per produrre fibre tessili. “Il mondo sta usando sempre più tessuti, e c’è una crescente domanda di materiali sostenibili, come le fibre di legno”, dice Weronika Rehnby, responsabile per la sostenibilità dell’associazione svedese TEKO – Textile and Clothing Industries. “Stiamo cercando materiali rinnovabili e riutilizzabili, e in questo senso la viscosa prodotta in modo sostenibile è un’ottima alternativa al cotone.”

 

Una ricerca di alta qualità

A guidare la transizione svedese verso la bioeconomia sul lato della ricerca è la Rise Bioeconomy, una delle sei divisioni del riorganizzato Istituto svedese per la ricerca (Rise), co-partecipato dal governo di Stoccolma. Qui è confluita nel 2016 anche Innventia AB, la società di ricerca attiva nel settore della cellulosa e della carta e nel packaging, che già nel 2011 ha aperto nella capitale svedese il primo impianto pilota al mondo per la produzione di nanocellulosa (un nuovo materiale interamente rinnovabile, leggero e resistente, che può essere impiegato in diversi settori. Nella produzione della carta e del cartone può fungere da agente di rafforzamento, nei rivestimenti dell’imballaggio alimentare può essere impiegata come materiale da protezione contro l’ossigeno, il vapore acqueo, il grasso e l’olio).

È opera del Rise il nuovo programma di ricerca sulla bioeconomia 2018-2020, che è concepito come un vero e proprio acceleratore basato sulla ricerca per la trasformazione bioindustriale svedese.

“Il programma – sottolineano dal Rise – offre una rete aziendale unica, un luogo d’incontro per la discussione e spazio per idee impegnative”. Gli argomenti di ricerca derivano dalle esigenze industriali, dalle tendenze globali e dai driver di mercato e saranno continuamente riveduti, raffinati e classificati in tutto il programma. Il punto di arrivo è la produzione di nuovi biomateriali, ma anche bioenergia, prodotti chimici biobased e biocarburanti per il trasporto, che “oggi – dicono al Rise – sono temi prioritari nell’agenda politica, come un modo per ridurre le emissioni di CO2 di origine fossile e aumentare l’uso dei materiali rinnovabili con l’utilizzo di risorse locali”. 

Nel quadro delle politiche di sostegno a ricerca e sviluppo sui biochemicals è da segnalare anche l’iniziativa “BioInnovation”, che con budget annuo di 10 milioni di euro coinvolge 60 attori della bioeconomia svedese, per la metà imprese e per l’altra metà organismi di ricerca. Il suo obiettivo è sviluppare materiali innovativi e dagli alti rendimenti, così come servizi e prodotti basati su materie prime rinnovabili in quattro aree: prodotti chimici ed energia, costruzioni e design, materiali e nuovi utilizzi. 

Le università non stanno ferme a guardare: ricerche sull’impiego della biomassa sono condotte in oltre 30 diversi dipartimenti e centri dei maggiori atenei, inclusi la Royal University of Technology (Kth), la Chalmers University of Technology, la Lund University e la Swedish University of Agricultural Sciences. Grazie alla loro attività è nato Gobigas, il primo impianto al mondo per la produzione continua di biometano di alta qualità da biomassa attraverso gasificazione. Le relazioni tra industria e università sono alla base della crescita della bioeconomia, secondo Growth Analysis. “Stimolare lo scambio e la collaborazione tra aziende, università, istituti di ricerca e altre parti interessate nei campi della bioeconomia e in altri settori in cui possono essere creati nuovi mercati, è una misura prioritaria”. Al pari della creazione di un mercato attraverso un sistema di appalti pubblici verdi.

 

 

Bioeconomy in Sweden, www.business-sweden.se/en/Invest/inspiration/publications/bioeconomy-in-sweden

Swedish Research and Innovation Strategy for a Bio-based Economy, www.formas.se/PageFiles/5074/Strategy_Biobased_Ekonomy_hela.pdf

Rise, www.ri.se/en

 


  

Intervista a Andreas Birmoser, vicepresidente Senior Strategy and Business Development della Stora Enso

di M. B.

 

Carta e non solo

 

“Stora Enso continuerà a essere sempre più concentrata sui biomateriali mantenendo al contempo il suo impegno con i suoi attuali clienti riguardo la pasta di cellulosa, la carta, il cartone e prodotti in legno. Il legno è la nostra più importante materia prima e sappiamo che è possibile ricavare di più dal legno e da altre biomasse non legate alla produzione di cibo per creare una vasta gamma di prodotti biobased ad alte prestazioni.” A dirlo – in questa intervista esclusiva per “Materia Rinnovabile” – è Andreas Birmoser, vicepresidente Senior del settore Strategy and Business della Stora Enso Biomaterials. Con il manager dell’azienda scandinava produttrice di pasta di legno e carta parliamo della sua trasformazione in azienda di materiali rinnovabili, di bioeconomia e di economia circolare.

 

Stora Enso è sempre più un’azienda produttrice di materiali rinnovabili. Quali sono i vostri prossimi passi per rimpiazzare i prodotti a base fossile?

“Sicuramente Stora Enso si sta trasformando in un’azienda produttrice di materiali rinnovabili. Stiamo esplorando nuove strade per utilizzare in modo efficiente il legno e altre materie prime non legate alla produzione di cibo per soddisfare i bisogni di clienti e consumatori con materiali alternativi a quelli a base fossile. Carta, cartone, beni e paste per usi specifici rappresentano il nostro principale segmento di mercato. Però, con il declino dell’utilizzo della carta, l’azienda sta diversificando le sue offerte e sviluppando nuovi prodotti. Nuove tecnologie stanno permettendo a Stora Enso di estrarre emicellulosa, zuccheri e lignina dalle biomasse e di utilizzare queste frazioni in modo più efficiente per nuove applicazioni.

Il settore biomateriali della Stora Enso è nato nel 2012 per focalizzarsi sulle innovazioni relative ai biomateriali e sviluppare ulteriormente il business nel mercato della pasta di legno. Mediante i nostri quattro cluster dedicati all’innovazione, la divisione biomateriali sta lavorando per trasformare biomasse non legate alla produzione alimentare, non ogm, di seconda generazione in soluzioni per i suoi clienti. Undici anni fa, la carta costituiva il 70% del business della Stora Enso, mentre oggi ne rappresenta solo il 31%. I biomateriali rappresentano il 14% delle vendite totali.”

 

 

Su cosa siete focalizzati maggiormente in questo momento?

“Una delle principali aree sulla quale si concentra l’attenzione della divisione Biomateriali della Stora Enso è lo sviluppo della piattaforma per le tecnologie di estrazione, basata sulle biomasse. La tecnologia è stata acquistata da Virdia nel 2014 ed è in via di sviluppo in un impianto a Danville, in Virginia. Nel corso di quest’anno sarà messo online un impianto dimostrativo finalizzato allo sviluppo del mercato a Raceland, in Virginia, dove dalla bagassa della canna da zucchero verrà prodotto xilosio che può essere trasformato in xilitolo a dimostrazione della tecnologia di estrazione acquisita.

Recentemente l’attenzione si è focalizzata anche sull’estrazione di lignina. Nel 2013 abbiamo cominciato a commercializzare lignina Kraft essiccata, dato che abbiamo investito 32 milioni di euro nella nuova tecnologia di separazione della lignina nel nostro Sunila Mill in Finlandia. Utilizzando la tecnologia Ligno Boost, Sunila produce lignina dal 2015.

La lignina è una candidata ideale per produrre nuovi materiali e prodotti intermedi. La lignina raffinata può essere un sostituto per i materiali fenolici derivati dal petrolio che vengono impiegati nelle resine per adesivi: per esempio nel compensato, nelle impiallacciature, nei laminati e nei materiali per l’isolamento. Per il futuro Stora Enso sta studiando la possibilità di sviluppare l’impiego della lignina nelle applicazioni della fibra di carbonio.”

 

Oggi sembra che il paradigma della bioeconomia sia stato sorpassato da quello dell’economia circolare, sebbene quest’ultima sia per molti versi ancora legata al fossile. In che modo la vostra azienda potrebbe integrare completamente questi due paradigmi?

“L’economia circolare sta rapidamente guadagnando forza e consapevolezza come concetto. In maniera simile alla bioeconomia, ha il potenziale per creare nuova occupazione, riducendo al contempo la dipendenza dall’energia e dalle materie prime. Stora Enso vede la bioeconomia e l’economia circolare come concetti complementari – la forte dimensione di ricerca e di innovazione della bioeconomia può contribuire alla transizione verso l’economia circolare riducendo nello stesso tempo la dipendenza dai combustibili fossili e le emissioni di carbonio. I prodotti biobased hanno un ciclo del carbonio più equilibrato e un passaggio alle bioraffinerie che utilizzano risorse rinnovabili, renderà l’economia circolare più sostenibile.

L’obiettivo della strategia di business di Stora Enso Biomaterials, basato sulle biomasse, è di estrarre in maniera efficiente diverse frazioni dal legno e da altre biomasse, per arrivare a fibre di cellulosa, zuccheri C5, zuccheri C6 e lignina. Una volta che la tecnologia sarà dimostrata, questo modello di bioraffinazione potrebbe essere utilizzato negli impianti per la pasta di cellulosa esistenti.

Recentemente, l’EVP Executive Vice President di Stora Enso, Per Lyrvall, è stato nominato tra i 25 rappresentanti per il programma di cooperazione del governo svedese ‘Economia Circolare e Biobased’, che punta a far crescere la bioeconomia e a promuovere soluzioni circolari.”

 

Stora Enso, i cui packaging vengono utilizzati in tutto il mondo da aziende come Nestlé, Starbucks e Barilla, ora punta a diventare leader del mercato cinese del packaging di fascia alta per alimenti e bevande. Attualmente c’è una richiesta da parte dei consumatori di nuove forme di packaging più ecosostenibili?

“La richiesta da parte dei consumatori – e delle aziende – di packaging più ecosostenibili è certamente cresciuta negli ultimi anni. Per questo stiamo sviluppando tecnologie di estrazione e separazione, per ottenere il massimo dalle biomasse non legate alla produzione alimentare e ridurre i costi. Però un problema che continua a limitare la diffusione del packaging biobased è la mancanza di consapevolezza e di comprensione del significato di biobased, come pure della differenza tra biobased e biodegradabile. Per il mondo del business è essenziale comprendere tutto ciò e istruire i consumatori e le aziende sulla sostenibilità e sui vantaggi nelle prestazioni dei prodotti biobased.”

 

Usate un sistema specifico di etichettatura per i prodotti biobased?

“Tutto il nostro legno è tracciabile al 100% risalendo fino alle foreste di origine. Stora Enso promuove la certificazione attendibile delle foreste e lavora attivamente con i soggetti interessati a promuoverne la gestione sostenibile. Il nostro legno arriva dalle foreste dell’emisfero settentrionale e da piantagioni di eucalipto in tutto il mondo. Attualmente, Stora Enso utilizza per i suoi prodotti le etichette ecologiche esistenti, come il Nordic Swan e il Fiore dell’Ue.” 

 

Quanto sono importanti le politiche attuate dai governi finlandese e svedese nel sostenere il vostro settore Ricerca e Sviluppo riguardo alla bioeconomia? Quali, secondo voi, i punti forti e le debolezze della bioeconomia nei Paesi nordici?

“La Finlandia, in tema di bioeconomia, segue una strategia che supporta fortemente l’obiettivo di Stora Enso di diventare un’azienda di materiali veramente rinnovabili. Anche le attuali aree chiave di sviluppo del governo, ‘Bioeconomia e soluzioni pulite’ sono perfettamente in linea con la trasformazione di Stora Enso.

Il governo svedese sta lavorando a strategie per sostenere la produzione basata su materie prime rinnovabili. La loro strategia riguardo all’ambiente e al clima è in corso di aggiornamento e stanno anche sviluppando una strategia nazionale per le foreste che supporterà lo sviluppo della bioeconomia e quindi verrà sviluppato anche il business di Stora Enso.”

 

In poche parole, il vostro futuro è interamente biobased?

“Stora Enso continuerà a essere sempre più concentrata sui biomateriali mantenendo al contempo il suo impegno con i suoi attuali clienti riguardo a pasta di legno, carta, cartone e prodotti in legno. Il legno è la nostra più importante materia prima e noi sappiamo che è possibile ricavare di più dal legno e da altre biomasse non legate alla produzione di cibo per creare una vasta gamma di prodotti biobased ad alte prestazioni.” 

 

 

Stora Enso, www.storaenso.com