“Entro il 2030, abbiamo bisogno del 50% in più di cibo, del 45% in più di energia e del 30% in più di acqua. La soluzione è la bioeconomia.” Potrebbe essere sufficiente leggere l’apertura del portale dedicato alla bioeconomia (proprio così: un intero portale gestito dal ministero dell’Ambiente), per comprendere come la nuova economia basata sulle risorse biologiche sia alle fondamenta della strategia di crescita (sostenibile) in Finlandia. Ma non è solo questo, ovviamente, perché il paese scandinavo è un vero e proprio pioniere nel campo. Del resto, non potrebbe essere in altro modo visto che le industrie basate sulla foresta sono storicamente quelle che più contribuiscono al benessere finlandese, sia a livello nazionale sia regionale. 

La foresta occupa l’80% del territorio nazionale e il settore forestale impiega circa 50.000 persone nella sola Finlandia, con un fatturato complessivo di 50 miliardi di euro, il 14% del prodotto interno lordo nazionale. Ogni anno Helsinki destina 140 milioni di euro per supportare progetti di ricerca e sviluppo in questo campo e numerose sono le misure legislative a sostegno dell’innovazione, soprattutto nell’area dei biocarburanti di seconda generazione (quelli non in conflitto con il cibo).

Nelle bioenergie la Finlandia non teme rivali. L’energia rinnovabile attualmente rappresenta circa il 35% del consumo finale di energia. E l’obiettivo per il 2020 è di raggiungere il 38%. Di questa energia rinnovabile, l’80% viene generato dal legno. Se si considera anche l’energia prodotta nei processi dell’industria forestale, oltre al suo uso diretto come materia prima, il legno è in questo momento in Finlandia la materia prima energetica principale, superiore anche a petrolio, carbone e gas naturale.

In campo chimico, circa un terzo delle imprese impiega oggi materie prime biologiche, spinte da un sistema collaborativo e da una biotecnologia all’avanguardia, dove il Vtt Technical Research Centre of Finland gioca un ruolo chiave, con i suoi 2.192 lavoratori, i 1.200 brevetti e richieste di brevetto in portafoglio e le 296 notificazioni di invenzioni a fine 2015. Grazie alle nuove tecnologie e conoscenze, oggi le biomasse forestali sono utilizzate non solo nel settore chimico, nella plastica e nella cosmetica, ma anche in quello tessile, medico e alimentare, sia per quanto riguarda i nuovi alimenti funzionali sia il packaging biobased (gli alimenti funzionali sono quelli di cui – oltre a effetti nutrizionali adeguati – è dimostrata l’influenza benefica su una o più funzioni del corpo, tanto da risultare rilevante per uno stato di benessere e di salute o per ridurre il rischio di malattie, ndr). Propria la finlandese Valio nel gennaio 2015 è stata la prima azienda casearia nel mondo a vendere il proprio latte in cartoni interamente di origine biologica, grazie a una partnership con la svedese Tetra Pak.

 

La strategia finlandese

La strada verso la bioeconomia è supportata da una strategia, presentata dal governo di Helsinki nel maggio del 2014, che ha alla sua base una visione semplice e nitida: il benessere e la competitività della Finlandia saranno fondati in futuro sulle soluzioni di bioeconomia sostenibile. L’obiettivo del governo finlandese è di raggiungere nel 2025 un valore della produzione della bioeconomia di 100 miliardi di euro, generando 100.000 nuovi posti di lavoro. 

Un obiettivo molto ambizioso, se si considera che oggi il valore della produzione è di 60 miliardi di euro, il 16% dell’intera economia finlandese (una percentuale altissima), con 300.000 occupati. 

“Nella strategia finlandese sulla bioeconomia – ci dice Jukka Kantola, amministratore delegato di Nc Partnering, una società finlandese di consulenza specializzata nella bioeconomia – sono previsti quattro strumenti per centrare gli obiettivi: 1. un ambiente operativo competitivo per aumentare la crescita; 2. il supporto a nuovi business attraverso investimenti nel capitale di rischio, la sperimentazione e la collaborazione intersettoriale; 3. una forte base di competenze, attraverso lo sviluppo dell’istruzione, della formazione e della ricerca; 4. la disponibilità sostenibile di biomasse, attraverso un mercato delle materie prime ben funzionante”. 

Tutto questo in un ambiente che punta molto sul dialogo e sul confronto. La strategia sulla bioeconomia è il frutto di un lavoro interministeriale che ha coinvolto il ministero dell’Occupazione e dell’Economia come capofila, insieme al gabinetto del primo ministro, al ministero dell’Agricoltura e della Foresta, a quello dell’Ambiente, dell’Educazione e della Cultura, degli Affari sociali e della Salute, delle Finanze. Il tutto in un dialogo continuato con gli stakeholder nazionali: dai centri di ricerca come il Vtt alle imprese, che – come ricorda lo stesso governo – sono stati consultati in cinque seminari, tre forum regionali e diverse indagini settoriali.

 

I colossi della pasta di legno e della carta guidano la bioeconomia

Con le foreste protagoniste incontrastate dell’economia nazionale, sono i colossi della pasta di legno e della carta, che detengono il 10% del patrimonio forestale finlandese – come Upm, Stora Enso e il Gruppo Metsa – a guidare la transizione dall’economia tradizionale a un’economia biobased più sostenibile, grazie all’abbondanza di biomassa lignocellulosica. Tanto che in Finlandia la biobased economy si confonde con la wood-based economy.

A livello europeo un vero e proprio modello è lo stabilimento per bioprodotti di Metsa Fibre ad Äänekoski, nella Finlandia centrale. Si tratta di un investimento di 1,2 miliardi di euro per riconvertire una cartiera della società finlandese in un impianto moderno in grado di produrre non solo polpa di legno (1,3 milioni di tonnellate all’anno), ma anche bioprodotti e bioenergie, accrescendo la percentuale di utilizzo del paese di energia da fonti rinnovabili del 2%. 

Il progetto ha anche beneficiato di un prestito fino a 275 milioni di euro da parte della Banca europea per gli investimenti, 75 milioni dei quali garantiti dal Fondo europeo per gli investimenti strategici (Efsi).

Secondo un’analisi resa pubblica di recente dall’Etla – l’Istituto di ricerca dell’economia finlandese – quello che rappresenta il più grande investimento mai realizzato in Finlandia nell’industria forestale genererà reddito a favore delle imprese che operano nel paese per circa 2,4 miliardi di euro, nella sola fase di costruzione (2015-2018), con un valore aggiunto complessivo di 12 miliardi di euro. Mentre quando lo stabilimento sarà operativo, cioè dal terzo trimestre del 2017, sono attesi 2.500 nuovi posti di lavoro nell’intera catena di valore. 

Un altro gigante della carta finlandese (oltre 10 miliardi di euro all’anno di fatturato) che si sta ritagliando un ruolo di leader nella bioeconomia mondiale è Upm, emerso negli ultimi anni come uno dei maggiori attori nel campo dei biocarburanti avanzati derivati dal legno. Questi rappresentano una parte essenziale della strategia Biofore di Upm, che mira a fare del legno una materia prima alternativa alle fonti fossili in una logica di totale circolarità. Massimo emblema di questa visione sostenibile della compagnia finlandese è la concept car Biofore, presentata per la prima volta al Salone internazionale dell’automobile di Ginevra nel 2014, dove le parti tradizionalmente prodotte in plastica sono state sostituite da biomateriali di alta qualità derivati dal legno e dove il motore è alimentato da un nuovo biodiesel anch’esso derivato dal legno (Upm BioVerno).

Nella bioraffineria di Lappeenranta, Upm produce 100.000 tonnellate, 120 milioni di litri circa, di diesel rinnovabile all’anno. Ciò equivale al consumo annuale medio di 100.000 automobili. Secondo Marko Janhunen, vicepresidente di Upm Biorefining, una delle sei divisioni di Upm, “ci sono notevoli risorse non sfruttate di rifiuti e scarti cellulosici disponibili in maniera sostenibile in Europa. Ciò potrebbe sostituire fino al 16% dei carburanti per il trasporto su gomma in Europa entro il 2030, facendo diminuire le emissioni di gas serra del 60% e oltre”. 

“La bioraffineria di Lappeenranta – sostiene Janhunen – è un trampolino di lancio per usare gli scarti di pasta di legno (in prevalenza tallolio greggio), così come molte altre materie prime, non solo per produrre biocarburanti avanzati ma anche biochemicals.” 

Per metà finlandese (l’altra metà è svedese) è anche la Stora Enso, che ha il proprio quartier generale a Helsinki e fattura circa 10 miliardi di euro a livello mondiale.

La società guidata da Karl-Henrik Sundström si sta gradualmente trasformando in una impresa di biomateriali, per trovare nuove applicazioni che massimizzino il valore estraibile dalle biomasse lignocellulosiche. In quest’ottica si inserisce anche l’inaugurazione, avvenuta lo scorso dicembre, del nuovo Centro di innovazione per biomateriali a Stoccolma, dove sono ospitate le attività di ricerca, sviluppo e marketing strategico della Stora Enso che danno lavoro a 40 persone, destinate – nei piani aziendali – a diventare un centinaio entro la fine del 2017. 

“Il centro – sottolinea Arno van de Ven, responsabile innovazione della divisione biomateriali del colosso finno-svedese – contribuirà a promuovere l’innovazione, individuando le opportunità di business nei mercati dei materiali rinnovabili e dei prodotti chimici a base biologica, collegando la nostra esperienza con importanti centri di ricerca, università e partner commerciali”.

Ma non è tutto, perché il nuovo crescente interesse di Stora Enso nel campo della biochimica è testimoniato anche dall’accordo siglato lo scorso maggio con Rennovia per lo sviluppo di nuovi prodotti chimici biobased, grazie all’impiego della tecnologia della stessa società californiana guidata da Robert Wedinger.

 

Dal petrolio alla biochimica

La strategia finlandese di approdo a una economia biobased passa inevitabilmente anche da una nuova fase per la compagnia petrolifera controllata dallo Stato, la Neste Oil. L’azienda – tanto per cominciare – ha perso nella denominazione la parola oil per restare solo Neste, nel tentativo di lasciarsi alle spalle anche le dure critiche sollevate in passato da Greenpeace per l’impiego di olio di palma non certificato nella produzione di biodiesel. 

“I prodotti basati su materie prime rinnovabili sono diventati una parte significativa del business di Neste Oil, e la parola oil riferita all’olio crudo fossile non dà più un quadro d’insieme corretto della società”, ha affermato il presidente e amministratore delegato Matti Lievonen nel giugno 2015, presentando pubblicamente la decisione di cambiare nome della società finlandese. “Offriamo ai nostri clienti – ha voluto ribadire Lievonen – soluzioni che rendono possibile sostituire l’uso degli oli fossili e ridurre le emissioni. Per esempio, siamo in testa a livello mondiale nella produzione di combustibili rinnovabili da rifiuti e residui e stiamo cercando di crescere anche nell’ambito di altri prodotti rinnovabili, quali quelli biobased per l’industria chimica.”

Il biocombustibile prodotto dalla Neste è il Neste Renewable Diesel, il quale – secondo i dati forniti dalla stessa società – avrebbe consentito nel 2015 di ridurre le emissioni di gas a effetto serra per 6,4 milioni di tonnellate, l’equivalente delle emissioni annue di 1,3 milioni di automobili. Alcune compagnie aeree, tra cui la tedesca Lufthansa, ne stanno testando l’efficacia anche per il traffico commerciale aereo. 

“Il nostro obiettivo strategico – afferma Kaisa Hietala, vicepresidente esecutivo Prodotti rinnovabili di Neste – è di crescere nel mercato globale basato sulle materie prime rinnovabili”. 

Nel portafoglio prodotti della società che ha il proprio quartier generale a Espoo ci sono già isoalcani rinnovabili (Neste Renewable Isoalkane) che trovano applicazione nell’industria della plastica, degli adesivi e delle vernici. Ed entro la fine del 2016 sarà avviata anche la produzione di propano (un composto che impiegato come combustibile, refrigerante e a livello industriale come solvente) da materie prime rinnovabili, in un nuovo stabilimento in fase di costruzione nella raffineria di Rotterdam, nei Paesi Bassi. Per la sua distribuzione, Neste ha già siglato un accordo per la fornitura di 160.000 tonnellate per quattro anni con la società energetica Shv Energy.

 

Finnair vola con l’olio da cucina esausto

L’impegno finlandese per la bioeconomia passa anche dai cieli. La Finnair è una delle compagnie di bandiera più attive nel testare l’utilizzo di biocarburanti per rifornire i propri velivoli.

Uno dei voli più significativi a questo riguardo è stato quello effettuato il 23 settembre 2014 – da Helsinki alla Grande Mela in occasione di un vertice Onu sul clima tenutosi a New York – per il quale fu utilizzata una miscela a base di biocarburante da olio da cucina esausto prelevato per la maggior parte dai ristoranti. 

“Il vertice Onu sul clima è un incontro importante per combattere i cambiamenti climatici: abbiamo voluto cogliere l’occasione per evidenziare i benefici dell’adozione di biocarburanti nel settore dell’aviazione”, ha affermato il vicepresidente per lo Sviluppo sostenibile di Finnair, Kati Ihamäki. 

Dopo 9 ore di volo l’Airbus 330 Finnair ha dimostrato che volare utilizzando un mix tra il carburante convenzionale e l’olio usato, fornito dalla SkyNRG Nordic (una joint venture tra SkyNRG e Statoil Aviation), è possibile e inoltre abbatte notevolmente l’impatto inquinante dei voli. La tecnologia, già testata da altre compagnie aeree, è ormai sicura e in grado di apportare benefici concreti all’ambiente. A bloccarne, però, la diffusione è il prezzo ancora troppo elevato: il doppio rispetto al normale cherosene.

Il Rapporto 2007 dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha fornito alcuni dati relativi al contributo dell’aviazione al riscaldamento globale: rappresenta il 2% della CO2 prodotta globalmente dall’uomo e il 13% del carburante fossile consumato dall’intero settore dei trasporti. 

 

 

La start-up che produce tessuti dagli alberi 

Produrre un filato tessile dalle fibre del legno senza l’impiego della chimica. È quello che fa una start-up finlandese, spin-off del Vtt Technical Research Centre, grazie a una tecnologia innovativa (F2Y) che le ha permesso di aggiudicarsi il primo premio alla International Biorefinery Competition lanciata dal ministero dell’Occupazione e dell’Economia nel 2015. Ora Spinnova – questo il nome della start-up – sta lavorando per portare su scala industriale il processo che si basa su una tecnica di filatura a umido. 

Secondo la giuria finlandese che le ha assegnato il premio, Spinnova potrebbe rivoluzionare il mondo dell’industria tessile e di quella forestale. Attualmente i metodi per la produzione di filato utilizzati dall’industria tessile sono più o meno dannosi per l’ambiente. Per esempio, la coltivazione del cotone necessita di un impiego d’acqua altamente intensivo e solo il 30% circa di cotone è prodotto nelle zone dove l’acqua è naturalmente disponibile in quantità sufficiente. Il resto delle piantagioni quindi vengono irrigate, il che aumenta in modo significativo l’erosione dei terreni e impoverisce le falde acquifere. Di conseguenza si perde terreno adatto per la produzione alimentare, e le riserve sotterranee di acqua diminuiscono a ritmo crescente.

L’industria tessile e dei filati si basa principalmente sui prodotti a base di petrolio, come fili di nylon e poliestere. Questi prodotti non sono biodegradabili e i loro processi produttivi generano grandi quantità di ossido di azoto, che è oltre 300 volte più potente come gas serra del biossido di carbonio. 

Il terzo ambito importante nel settore è rappresentato dalle fibre di cellulosa man-made (Mmc), come la viscosa e le fibre modali che sono i materiali a base di legno. Solitamente la fabbricazione di queste fibre richiede un numero di sostanze chimiche pericolose per l’ambiente. Inoltre i costi elevati di produzione di fibre man-made limitano le possibilità di applicazione. Se 20-30 milioni cubi di legno fossero raffinati con la nuova tecnologia di Spinnova, si potrebbe coprire circa il 20% del consumo di cotone globale.

 

La bioeconomia: uno sforzo di lungo periodo

L’importanza strategica della bioeconomia per la Finlandia emerge in tutta la sua portata da uno degli obiettivi indicati nella strategia: “incorporare la bioeconomia nella stessa immagine del paese”. Tutto questo anche per attrarre nuovi investimenti sul territorio. Il governo di Helsinki stima che nei prossimi dieci anni saranno necessari 2,1 miliardi di euro di fondi pubblici per lo sviluppo della bioeconomia nazionale. Un miliardo di euro per investire nel capitale di rischio delle imprese, mezzo miliardo per la ricerca e l’innovazione, 600 milioni per nuovi impianti pilota e dimostrativi. 

“La crescita del mercato della bioeconomia è solo all’inizio. E la Finlandia è impegnata in uno sforzo di lungo periodo”, è messo bene in chiaro nella strategia.

 

 

Bioeconomy, www.bioeconomy.fi

Vtt Technical Research Centre of Finland, www.vttresearch.com

Upm, www.upm.com/Pages/default.aspx

Stora Enso, www.storaenso.com

Neste, www.neste.com

 


  

Intervista a Lauri Hetemäki, assistant director dell’European Forest Institute (Efi) 

A cura di M. B.

 

La nostra forza? Cultura, risorse e know-how

 

“Uno dei principali programmi strategici della Finlandia è rappresentato dalla bioeconomia e dalle soluzioni tecnologiche pulite. Di conseguenza, le politiche e le sovvenzioni sono pensate per rafforzare in particolare la bioeconomia basata sulla biomassa forestale. In questo programma il governo sta investendo più di 300 milioni di euro.” Materia Rinnovabile intervista Lauri Hetemäki, assistant director dell’European Forest Institute (Efi) e professore di Previsioni nel settore forestale alla facoltà di Scienze e Silvicoltura della University of Eastern Finland.

 

La collaborazione tra il forte settore forestale e gli altri settori rende la Finlandia un vero pioniere nel campo della bioeconomia. Secondo lei, qual è il ruolo del legno nella bioeconomia?

“In Finlandia le foreste sono la spina dorsale della bioeconomia. Un quarto dell’energia totale utilizzata nel 2015 nel nostro paese è stata prodotta utilizzando biomassa forestale. Non solo: in Finlandia sono anche molto importanti le industrie della pasta di cellulosa per la produzione di carta, tessuti, biodiesel di seconda generazione o sostanze chimiche. Un settore in crescita è anche quello delle costruzioni in legno, che in Finlandia è a un livello molto alto rispetto alla media europea: in particolare i multistore prefabbricati in legno hanno un grande successo. Dunque, la parola chiave della bioeconomia basata sulla biomassa forestale è diversificazione. E poi ci sono i servizi forniti dalle foreste che spesso vengono dimenticati come il turismo, l’aspetto ricreativo naturalistico e i servizi ecosistemici.”

 

In questo senso, quali sono i principali punti di forza della vostra bioeconomia?

“La forza della nostra bioeconomia si fonda su tre pilastri: risorse, cultura e know-how. Il 78% del territorio in Finlandia è coperto da foreste. Più di un decimo dei finlandesi possiede un bosco. L’interesse, la proprietà e la ricchezza creati dalla bioeconomia si sono quindi diffusi in diverse regioni e riguardano un gran numero di persone. Questo significa che è presente una cultura radicata e una tradizione nel saper gestire le foreste per molteplici scopi. Ma per innovare nella bioeconomia occorrono anche una formazione di qualità e infrastrutture per la ricerca. Inoltre, in certi casi, le nostre forti tradizioni e competenze nel settore forestale possono rivelarsi un ostacolo all’agilità necessaria per accettare e spingere verso ulteriori innovazioni. A volte ci compiacciamo un po’ troppo di sapere già come fare bioeconomia: non siamo sempre sufficientemente attenti e pronti per vedere i cambiamenti e cogliere le nuove opportunità.”

 

In che modo il governo finlandese sostiene la bioeconomia? 

“Uno dei programmi strategici della Finlandia è rappresentato dalla bioeconomia e dalle soluzioni tecnologiche pulite. Di conseguenza, le politiche e le sovvenzioni sono pensate e indirizzate proprio per rafforzare la bioeconomia basata sulla biomassa forestale: in questo programma il governo sta investendo più di 300 milioni di euro. Tuttavia il fattore più importante per lo sviluppo a lungo termine della bioeconomia saranno le misure più indirette, finalizzate a promuovere istruzione, ricerca e sviluppo e, in generale, l’innovazione e la stabilità della società. Così come è assolutamente necessario che le politiche governative sostengano le soluzioni, i processi e i prodotti ecologicamente sostenibili.”

 

Come viene percepita la bioeconomia dall’opinione pubblica finlandese?

“Nelle elezioni politiche del 2015 la Finlandia ha votato per sostenere un governo con un valido programma in tema di bioeconomia. In questo senso si potrebbe dire che c’è un forte supporto alla bioeconomia: naturalmente il fatto che tanti finlandesi possiedano dei boschi o che il loro lavoro e la loro ricchezza siano collegati alla bioeconomia, le dà un grande sostegno. Negli ultimi anni il più grande investimento industriale in Finlandia è stato il bioproduct-mill di nuova generazione del Metsä Group ad Äänekoski che ha richiesto un investimento di 1,2 miliardi di euro. In un certo senso, lo si può vedere come un game-changer, un elemento rivoluzionario nello sviluppo verso la bioeconomia. Tuttavia ci sono delle preoccupazioni, specialmente tra le Ong ambientaliste, sul fatto che la crescita della bioeconomia possa potenzialmente causare anche dei trade-off (relazione funzionale tra due variabili tale che la crescita di una risulta incompatibile con la crescita dell’altra e ne comporta anzi una contrazione, ndr), per esempio per la biodiversità. Quindi, il grande supporto alla bioeconomia dipenderà anche da come la società saprà risolvere questi trade-off e migliorare le sinergie con altri valori e interessi.”

 

La Finlandia sembra il posto ideale per la bioeconomia. Davvero non ci sono punti deboli?

“La Finlandia ha solo 5,5 milioni di abitanti: una quantità compresa tra il 60 e il 90% dei prodotti ricavati dalla biomassa forestale viene esportata nel mondo, tranne quella per la bioenergia che viene usata principalmente nel mercato nazionale. Certo il nostro paese è situato piuttosto lontano dai mercati principali e quindi un ulteriore carico è rappresentato dagli alti costi logistici e di trasporto. Inoltre, la nostra collocazione geografica comporta anche che il tasso di crescita della biomassa sia di gran lunga inferiore a quello, per esempio, del Sud America o dell’Europa centrale e meridionale. Questo significa maggiori costi di produzione, che devono essere compensati da vantaggi in altri ambiti o concentrandosi sui prodotti per i quali le foreste boreali di conifere a crescita lenta rappresentino un vantaggio qualitativo. A lungo termine, la chiave sarà insistere nel mantenere un contesto nell’ambito della formazione, ricerca e sviluppo, innovazione e sostenibilità che sia almeno al livello di quello dei paesi competitori.”

 

Si dice che l’uso a cascata della biomassa, che dà la priorità all’uso del materiale rispetto all’impiego energetico, sia preferibile come misura di mitigazione dei cambiamenti climatici non solo in quanto il carbonio rimane immagazzinato nel materiale più a lungo ma anche perché riduce l’impiego di materiali non rinnovabili e il consumo di energia fossile. In linea di principio è anche più efficiente sul piano delle risorse ed economicamente vantaggioso. Dal suo punto di vista è un concetto superiore nel contesto di una bioeconomia sostenibile?

“Il principio della ricaduta a cascata è un concetto valido in generale, ma non dovrebbe essere una camicia di forza. Spesso ha senso dal punto di vista economico e ambientale; come regola generale più facciamo circolare i materiali e riusciamo a usarli in maniera efficiente, meglio è. Comunque, per esempio per la Finlandia, non avrebbe senso dal punto di vista ambientale sostituire la produzione di carta da polpa vergine prodotta in loco con una ricavata da carta riciclata che dovrebbe essere importata. Così come usare la biomassa forestale locale (sterpaglie e residui) nelle centrali termiche per la produzione combinata di calore ed elettricità, piuttosto che importare carta riciclata o legno post-consumer per farle funzionare. Da un punto di vista economico, credo sia il caso di fare anche attenzione nell’adeguarsi eccessivamente alle piramidi di valore, che indicano l’ordine in cui il materiale grezzo va usato. Il valore aggiunto è un concetto dinamico: se un prodotto A anni fa aveva un valore aggiunto cinque volte superiore al prodotto B, oggi la relazione potrebbe essersi esattamente invertita. Per esempio, abbiamo osservato un chiaro cambiamento nel valore aggiunto di alcuni prodotti di carta rispetto ad alcuni prodotti energetici hi-tech. Il valore aggiunto dipende molto da come i prezzi dei prodotti finali nel tempo si svilupperanno sul mercato.”

 

Il potenziale nella mitigazione dei gas serra (Ghg) e altri impatti ambientali e socioeconomici legati agli usi della biomassa dipendono da una vasta gamma di decisioni relative riguardanti i materiali eterogenei e in materia di energia. Dal suo punto di vista che tipo di struttura di governance è necessaria per assicurare che la transizione a una bioeconomia sia sostenibile?

“Se fossi un dittatore planetario, imporrei per la CO2 un prezzo generale – e piuttosto alto – che aiuterebbe a risolvere il più grande fallimento del mercato che abbiamo oggi, i cambiamenti climatici. I mercati non risolvono questi effetti collaterali negativi, come i cambiamenti climatici o la perdita di biodiversità: ci vogliono regole. Ma le regole devono offrire un terreno di gioco uguale per tutti e utilizzare il meccanismo dei prezzi, per quanto possibile. Il prezzo della CO2, in un modo o nell’altro (mediante tasse, sistema di commercio delle emissioni ecc.), può riuscire a farlo. Comunque, viviamo ‘in the second best world’ (espressione riferita a un teorema dell’economia del benessere elaborata dagli economisti R.G. Lispey e K. Lancaster, ndr) e occorreranno anche altre politiche e meccanismi per regolare gli effetti collaterali negativi. Dovremmo provare a lavorare ancora per avere un prezzo globale della CO2 tanto alto da avere un impatto concreto sulle decisioni economiche.” 

 

 

European Forest Institute, www.efi.int/portal/