Elaborazione di Karl Marx (incisione), di Robert Diedrichs, 1970

 

 Capitale: è tuttora un termine che si pensa destinato ad abitare solamente negli universi discorsivi dell’economia e della finanza. Ma esiste anche un capitale naturale senza il quale non può esistere nessun tipo di sviluppo e di benessere delle società umane. Da alcuni anni sono le scienze della sostenibilità – e non le discipline economiche – a orientare la ricerca più innovativa su questo concetto. Forse cambiandone radicalmente l’identità e la percezione. 

Per la prima volta – nel 2012 – è stato realizzato un atlante mondiale dell’uso delle risorse e dei livelli di efficienza con cui sono state utilizzate in tutti i paesi del mondo negli ultimi 30 anni. Al centro del rapporto Green Economies Around the World? Implications of Resource Use for Development and the Environment curato in prevalenza dagli studiosi del Seri (Sustainable Europe Research Institute; seri.at/en) non solo le risorse abiotiche, come i combustibili fossili, i minerali e i metalli, ma anche diverse risorse biotiche, come quelle provenienti dall’agricoltura, dalle attività forestali e dalle attività di pesca, fondamentali per l’analisi dell’utilizzo del capitale naturale. Ferro, oro, sabbia, carbone, petrolio, legno, riso e molte altre risorse costituiscono, come ben sappiamo, la base del benessere economico delle moderne società consumiste. 

Il risultato di questo studio indica che attualmente gli esseri umani stanno estraendo risorse dai sistemi naturali del pianeta al livello più elevato che si sia mai verificato e che il sistema economico odierno dipende in maniera sempre più significativa dall’input delle risorse naturali. Lo dimostra il fatto che il consumo mondiale dei materiali è quasi raddoppiato dal 1980 al 2008, sfiorando 70 miliardi di tonnellate (quasi l’80% in più). Per l’esattezza si è passati dai 38 miliardi di tonnellate del 1980 ai 68 miliardi del 2008.

Il Seri ormai da diversi anni sta lavorando, insieme ad altri centri e istituti di ricerca, sull’analisi dei flussi di materie prime che attraversano l’economia mondiale nel suo complesso, contribuendo anche alla realizzazione di un sito internet dedicato www.materialflows.net.

Le differenze degli incrementi nei consumi pro capite delle risorse naturali dimostrano che al costante alto livello di consumo delle nazioni ricche e industrializzate si affiancano inevitabilmente i crescenti consumi materiali nelle economie emergenti, come quelle di Cina e Brasile. Globalmente il livello di uso di risorse è aumentato in maniera superiore alla crescita della popolazione. A livello mondiale una persona utilizza in media (dati 2008) circa 10 tonnellate di risorse annue: in Europa la media si aggira intorno alle 15 tonnellate e nei paesi ricchi esportatori di petrolio si possono raggiungere le 100 tonnellate. In contrasto con queste cifre, per esempio, nel Bangladesh la media pro capite tocca appena le 2 tonnellate annue. 

Negli ultimi anni sono stati avviati significativi programmi internazionali che hanno fatto il punto sul valore della natura e sull’importanza del capitale naturale che riveste un ruolo significativo anche nei flussi di materia. Il Teeb (The Economics of Ecosystems and Biodiversity; www.teebweb.org) può essere definito lo sforzo internazionale più imponente e autorevole di messa a sistema di tutti dati e conoscenze sino a ora acquisiti sul valore della biodiversità e degli ecosistemi per l’economia umana. Obiettivo del Teeb è proprio quello di contribuire a fornire un quadro chiaro e operativo per il mondo delle istituzioni, della politica e dell’economia, per le imprese e per tutti gli attori della società civile, di come considerare, valutare e integrare il valore complessivo dei sistemi naturali nell’economia umana.

 

Cos’è il Teeb

Nato dall’originale proposta del governo tedesco in occasione del G8 ambiente di Potsdam nel 2007, il Teeb è stato poi patrocinato dalle Nazioni Unite sotto il Programma Ambiente Onu (Unep) con il supporto economico della Commissione europea e di diversi governi (Germania, Regno Unito, Olanda, Norvegia, Belgio, Svezia e Giappone). Il programma è stato diretto dall’economista indiano Pavan Sukhdev, (si veda l’intervista a cura di Marco Moro su questo numero di Materia Rinnovabile) che è stato anche coordinatore del programma della Green Economy dell’Unep.

Il Teeb documenta chiaramente come il capitale naturale costituisce la base delle nostre economie. L’invisibilità del valore della biodiversità nella considerazione economica ha purtroppo, sino a oggi, incoraggiato l’uso inefficiente e distruttivo dei sistemi naturali che non sono stati debitamente “tenuti in conto”. La biodiversità in tutte le sue dimensioni, la qualità, quantità e diversità degli ecosistemi, delle specie e dei patrimoni genetici, necessita di essere preservata non solo per ragioni sociali, etiche o religiose ma anche per i benefici economici che essa provvede a fornire alle attuali e future generazioni.

 

 

Dopo il Millennium Ecosystem Assessment (www.millenniumassessment.org/en/index.html), il più grande assessment planetario sullo stato di salute degli ecosistemi e dei servizi che essi offrono alla nostra economia e al nostro benessere – patrocinato dalle Nazioni Unite e reso pubblico nel 2005 – che ha dettagliatamente documentato la vulnerabilità e lo stato di degrado nel quale abbiamo ridotto i sistemi naturali della Terra, il Teeb ha costituito un ulteriore importantissimo passo in avanti nella consapevolezza dell’importanza e del valore della biodiversità e degli ecosistemi nella vita e nella sopravvivenza dell’intero genere umano.

Il Teeb giunge dopo una serie di studi, ricerche, analisi di grande importanza che hanno caratterizzato questi ultimi decenni e che hanno anche prodotto la nascita nel 1988 dell’International Society for Ecological Economics, Isee (www.ecoeco.org), un’organizzazione interdisciplinare che ha svolto un ruolo molto importante per far progredire le riflessioni, la ricerca, le analisi, la cultura e la conoscenza di una nuova economia fortemente basata sull’ecologia. 

Se oggi andiamo a rileggere le pagine del numero speciale della rivista Ecological Modelling del 1987, un anno prima della nascita dell’Isee, dedicato completamente proprio all’Ecological Economics e coordinato da due studiosi che hanno particolarmente spinto per la promozione di questa disciplina, Robert Costanza ed Herman Daly, troviamo in nuce molti degli importantissimi argomenti che sono stati sviluppati successivamente.

Il gruppo di studiosi che si sono impegnati nel Teeb è consapevole della difficoltà di fornire valutazioni monetarie ai servizi che gli ecosistemi offrono al benessere e alle economie delle società umane. Hanno comunque cercato di fare ordine nella massa di studi e analisi che sono stati realizzati, proponendo, infine, una serie di indicazioni che si possono trovare in forma estesa sul sito www.teebweb.org ma che in sintesi possiamo riassumere come di seguito.

1. Rendere visibile il valore della natura: è necessario che i decision makers a tutti i livelli siano consapevoli del ruolo della biodiversità e dei servizi degli ecosistemi e che quindi siano in grado stimarne il valore e di comunicarlo.

2. Dare un prezzo a ciò che oggi non ha prezzo: è necessario comunque che i decision makers includano i benefici e i costi della conservazione e del ripristino dei sistemi naturali nelle loro valutazioni.

3. Mettere in conto i rischi e le incertezze: il valore “assicurativo” degli ecosistemi in buone condizioni di salute deve essere parte integrante di un’analisi di valore economico totale. 

4. Valutare il futuro: è necessario utilizzare tassi di sconto anche pari a zero o negativi relativamente al valore dei sistemi naturali che vengono valutati, tenendo conto dei livelli di incertezza e dello scopo dei progetti o delle politiche oggetto di valutazione.

5. Misurare al meglio, per gestire al meglio: è necessario che gli attuali sistemi di contabilità nazionale includano al più presto il valore dei cambiamenti negli stock di capitale naturale e nei flussi dei servizi degli ecosistemi. I governi devono elaborare e applicare rapidamente dei set di indicatori utili a monitorare i cambiamenti del capitale fisico, naturale, umano e sociale.

6. Capitale naturale e riduzione della povertà: la dipendenza dai servizi degli ecosistemi è particolarmente significativa per molti poveri sulla Terra e necessita quindi un’urgente integrazione nelle politiche per la riduzione della povertà. 

7. Andare oltre i livelli minimi: gli attuali meccanismi e gli standard di procedure e di reporting non destinano la necessaria attenzione alle esternalità ambientali e sociali. È fondamentale integrare e incorporare la biodiversità e i servizi degli ecosistemi nelle catene produttive del mondo delle imprese.

8. Modificare gli incentivi: è necessaria una riforma del sistema degli incentivi e della fiscalità che punti all’eliminazione dei sussidi perversi – che distruggono la biodiversità – e a una fiscalità che penalizzi l’utilizzo eccessivo delle risorse e la loro distruzione. 

9. Le aree protette costituiscono anche un valore economico: è necessario stabilire un sistema di aree protette nazionali e regionali comprensivo, rappresentativo ed efficace con l’obiettivo di proteggere la biodiversità e mantenere un ampio spettro dei servizi degli ecosistemi.

10. Le infrastrutture ecologiche e i cambiamenti climatici: è necessario investire in “infrastrutture ecologiche”, agendo cioè per tutelare il ruolo insostituibile dei servizi offerti dagli ecosistemi nonché le azioni di rispristino e restauro ecologico dovute all’azione umana. La conservazione e il ripristino degli ecosistemi costituisce un’importante opzione di investimento anche per l’adattamento ai cambiamenti climatici in atto.

 

Prima e dopo Teeb: quanto vale il capitale naturale?

Nel 1997 la prestigiosa rivista scientifica Nature pubblicò un lavoro che ha fatto epoca “The value of the world’s ecosystem services and natural capital”. Tredici studiosi dei sistemi naturali e della loro valutazione economica guidati da Robert Costanza, resero nota la loro indagine che stimava il valore di 17 servizi degli ecosistemi (dalla regolazione del clima ai cicli idrici, dall’impollinazione alla formazione del suolo ecc.). Il valore era basato sulla raccolta di tutti gli studi sino ad allora pubblicati e su alcuni calcoli originali e fu quantificato in un range compreso tra i 16.000 e i 54.000 miliardi di dollari l’anno, con una media annuale di 33.000 miliardi di dollari.

Successivamente nel 2002 in un altro lavoro pubblicato su Ecological Economics, la rivista specializzata dell’International Society for Ecological Economics, Bob Costanza e altri studiosi resero noti i risultati dell’applicazione di un modello unificato che simula la biosfera del nostro meraviglioso pianeta, definito Gumbo (Global Unified Metamodel of the Biosphere). Nell’analisi del valore di sette servizi ecosistemici (dalla formazione del suolo al riciclo dei nutrienti) considerati per l’anno 2000 risultava una valutazione di circa 180.000 miliardi di dollari.

Nel 2014 sempre Bob Costanza e altri economisti ecologici tra i quali un altro leader del Teeb, Rudolf de Groot, hanno pubblicato sulla rivista Global Environmental Change, un nuovo lavoro “Changes in the global value of ecosystem services” che ha aggiornato i dati del paper del 1997 dal quale risulta che la stima per i servizi ecosistemici a livello globale nel 2011 è valutato tra i 125.000 e i 145.000 miliardi di dollari l’anno. Questo studio stima anche il valore economico della perdita dei servizi ecosistemici dal 1997 al 2011 dovuta ai cambiamenti nell’utilizzo del suolo fornendo un dato tra i 4.300 e i 20.200 miliardi di dollari. 

 

Le raccomandazioni del Teeb costituiscono un’ottima base operativa per far sì che i sistemi economici riescano finalmente a dare valore al capitale naturale. L’inclusione di questi principi nelle politiche e nelle strategie di governi e aziende è la chiave per il successo dei processi di innovazione come quelli che vengono descritti in questa rivista. Per questo sarà importante continuare a documentare e divulgare i costanti sviluppi che avvengono in questa cruciale area di ricerca. 

Dal prossimo numero di Materia Rinnovabile prenderà quindi avvio una rubrica interamente dedicata a queste complesse, ma affascinanti, tematiche.