Pensare circolare. Sembra semplice ma quando si ha a che fare con processi industriali l’approccio di avere un “filo rosso” che leghi i prodotti dalla culla alla tomba, tenendo conto fin dalla fase del design il riciclo a fine vita è tutt’altro che scontato. La cultura industriale del 20° secolo, infatti, non ha mai affrontato un approccio di questo tipo e il destino del prodotto a fine vita è stato visto per lungo tempo dalla manifattura come un “non problema”. Chi produce beni non si occupa di “rifiuti” è stato il mantra dell’economia lineare, con poche eccezioni, rappresentate dai paesi, come l’Italia, poveri di materie prime. Carta, acciaio, oli esausti ed alluminio sono alcuni dei materiali che il Bel Paese ha imparato a riciclare da decenni, con ottimi metodi che oggi fanno scuola all’estero e producono profitti, facendo di necessità virtù. E in Italia sull’alluminio CiAl (Consorzio imballaggi alluminio) ha prodotto delle linee guida sulla progettazione per la riciclabilità del packaging in alluminio, inedite almeno a livello europeo, per “rendere evidenti le relazioni esistenti tra le scelte effettuate nella fase di progettazione degli imballaggi in alluminio e la gestione degli imballaggi post-consumo in alluminio”, si legge nella prefazione del documento a firma di Gino Schiona, Direttore generale di CiAl che aggiunge: “Queste nostre linee guida, quindi, nascono con il fine di promuovere una sempre maggiore sensibilità, tra le imprese della filiera, circa l’impatto dei prodotti. E nello specifico degli imballaggi”.

Insomma si tratta di un’operazione di informazione/formazione rivolta ai progettisti degli imballaggi affinché considerino nella loro attività il fine vita dell’imballaggio stesso e il suo riciclo. Il documento parte con l’affermare l’importanza della compatibilità degli imballaggi con tutta la filiera del riciclo a partire dalla raccolta differenziata. Il foglio d’alluminio usato livello domestico, per fare un esempio, deve essere appallottolato prima di essere messo nel contenitore specifico, pena la sua esclusione dai sistemi di selezione. Un piccolo gesto che però è fondamentale per assicurare il riciclo dell’alluminio.

Il documento parte con la descrizione delle leghe d’alluminio e i loro utilizzi specifici che vanno da quelle usate per le bombolette, la serie 1000 dove l’alluminio è puro al 99,5%, alla serie 8000 che contiene ferro ed è utilizzata, in virtù della sua malleabilità, per i fogli sottili, le vaschette e i tappi a vite, passando per la serie 5000, dove all’alluminio viene aggiunto magnesio per dare maggiore durezza alla lega che viene utilizzata per i coperchi delle lattine e le aperture facilitate. Quindi non esiste una sola lega d’alluminio ma diverse in base all’utilizzo, così come è variabile anche la quantità del materiale. Per gli imballaggi flessibili si utilizza uno spessore tra i 5 e i 40 µm, per quelli semirigidi tra i 30 e i 170 µm e per quelli rigidi tra i 90 e i 300 µm. Il solo incrocio tra leghe e spessore offre, come è evidente, una grande serie di combinazioni nella realizzazione degli imballaggi. 

A seguire nelle linee guida sono illustrate le fasi di lavorazione dell’alluminio, dalla produzione primaria del materiale che è molto energivora, in alternativa alla quale si può utilizzare quella secondaria, o da riciclo, con la quale si risparmia parecchia energia, visto che per produrre un chilogrammo di alluminio dal riciclo servono 0,7 kWh conto i 14 kWh della produzione primaria. E ciò solo parlando d’energia, tralasciando la differenza tra l’impiego di materia prima visto che la bauxite necessaria per la produzione primaria contiene al massimo il 54% di allumina, mentre l’alluminio proveniente da riciclo è praticamente puro. Visti questi conti economici non è un caso che a livello mondiale la produzione di alluminio al processo secondario sia il 52% del totale, con l’Italia che è dal 2013 al 100%.

E se da un lato abbiamo una virtuosità intrinseca del processo di produzione dell’alluminio è netto anche l’impegno sul fronte dell’ottimizzazione del prodotto finale visto che la lattina per bibite classica, quella da 33 cl, ha diminuito l’alluminio impiegato del 30% nel periodo dal 1990 al 2017 passando da 16,58 a 11,60 grammi, mentre abbiamo assistito anche a un miglioramento della capacità tecnologica di produzione visto che dal 1977 al 2014 lo spessore del laminato utilizzato si è ridotto del 37%. Il tutto a parità di prestazioni. 

Segue, nelle linee guida, la descrizione dettagliata delle tipologie d’imballaggio a base d’alluminio, nella quale se ne illustrano le caratteristiche, gli utilizzi e le metodologie di selezione e riciclo. Quindi viene affrontato il tema della progettazione degli imballaggi in alluminio che, secondo CiAl, deve seguire questi quattro criteri di progettazione: essere adatta allo scopo; puntare all’efficienza delle risorse; con materiali a basso impatto; per il recupero delle risorse.

 

E ognuno di questi criteri ha una sua declinazione, sia sotto il profilo manifatturiero, sia dal punto di vista del riciclo, ma non mancano indicazioni di fisica, applicata all’utilizzo. Come il criterio dove viene segnalato al progettista, nel caso dei contenitori a vite, di ridurre al minimo la forza rotazionale necessaria alla rottura del sigillo iniziale perché forze rotazionali maggiori di 1,1 Nm (newton/metro) possono mettere in crisi disabili e anziani poiché superano le loro capacità funzionali. Oppure il punto dove si consiglia di adottare altre strategie, rispetto all’utilizzo di cartone in aggiunta all’alluminio, al solo scopo di fornire al consumatore delle informazioni aggiuntive circa il prodotto. Così come è ampiamente consigliato, con motivazioni approfondite, il fatto che ci si assicuri circa la compatibilità dei componenti secondari rispetto i sistemi di raccolta e riciclo, visto che i componenti di plastica rigida possono dare dei problemi nel processo di raccolta e riciclo dell’alluminio. Fino ad arrivare a un esempio concreto di progettazione di una bomboletta spray in alluminio, racchiuso in una scheda sintetica nella quale c’è tutto il necessario per realizzare un oggetto di questo tipo, puntando al massimo della sostenibilità ambientale. 

 

 

CiAl, Imballaggi in alluminio. Linee guida per una progettazione ecosostenibile. Design for recycling.

CiAl, www.cial.it