Il Green Propulsion Laboratory o GPLab, situato a Porto Marghera e parte del gruppo Veritas – multiutility che fornisce servizi idrici ed ambientali al territorio veneziano –, è un virtuoso esempio di come la ricerca intersettoriale sia la carta vincente per ideare soluzioni nuove, efficienti e innovative.

GPLab, un incubatore di innovazioni

Il Green Propulsion Laboratory è una piattaforma multidisciplinare per la sperimentazione ed industrializzazione di tecnologie ambientali ed energetiche. Nasce grazie al contributo del Ministero dell’Ambiente, dietro la volontà del Comune di Venezia di avviare la riconversione “green” dell’area industriale di Porto Marghera, situata alle porte di Venezia. Il GPLab, costituito da quattro piattaforme principali (Photolab, Oilchem, Superfluids e Photogreen), si occupa di testare prototipi industriali nel campo delle tecnologie ambientali avanzate e delle energie rinnovabili, in un connubio di ricerca ed applicazione di tipo trasversale. Responsabile del GPLab del gruppo Veritas è Graziano Tassinato – Dottorato sui reattori ad acqua supercritica e Master II livello in bonifica e riconversione delle aree industriali, già R&D Manager del VEGA, Parco Scientifico e Tecnologico di Venezia – che sottolinea come “nel nostro incubatore di innovazioni, le sfide tecnologiche sono affrontate tra diversi gruppi di lavoro. Il processo creativo è sempre trasversale ed interdisciplinare tanto da coinvolgere, oltre a ingegneri, chimici, fisici e matematici, anche psicologi ed artisti secondo un concetto di open innovation permanente”.

GPLab


Cosa è stato fatto…

Gli sforzi tecnologici sono indirizzati verso la progettazione e la realizzazione di prototipi, con lo scopo ultimo di promuoverne lo scale-up industriale. Una ricerca, quindi, fortemente improntata al campo applicativo, di cui la riconversione “green” di Porto Marghera potrebbe diventare modello di esempio virtuoso. Alcuni progetti in corso prevedono la conversione dell’anidride carbonica, catturata dai fumi industriali, in biometano attraverso processi biochimici e fisici avanzati. Altri, invece, si incentrano sulla produzione di idrogeno verde – e di altri biocarburanti avanzati, come il biodiesel – da microalghe. I biocarburanti così ottenuti alimentano un prototipo di imbarcazione ibrida da lavoro.
Esistono, inoltre, progetti volti alla produzione di plastiche biodegradabili da rifiuti organici – come le alghe spiaggiate sul litorale veneziano – e per il recupero di materiali strategici. Il recupero di materiali è il frutto della recente collaborazione 9-Tech, start up innovativa domiciliata al GPLab. Il progetto prevede un impianto sperimentale per il riciclo di pannelli fotovoltaici e il conseguente recupero dei materiali strategici – come il litio o le terre rare – da RAEE, ovvero i rifiuti elettronici.
Per ogni progetto, l’elemento fondamentale e imprescindibile è la stretta collaborazione con il territorio. Il GPLab, difatti, collabora con le Università di Venezia e Padova, ma anche con aziende e consorzi, come nel caso di Prometea Engineering, consorzio padovano in fase di formazione, che raggruppa PMI (Piccole Medie Imprese) che vogliono competere sui temi tecnologici di frontiera.

e cosa ci riserva il futuro

“La componente di innovazione tecnologica – spiega Tassinato – rappresenta circa l’80% delle attività del GPLab, mentre la ricerca sperimentale, solitamente circoscritta ad un numero limitato di persone, rappresenta comunque un elemento importante dell’azione del Green Propulsion Laboratory”.
Prova ne sono le ricerche in corso sui superfluidi – acqua e gas in fase supercritica – per il settore energetico ed ambientale e la sperimentazione NESS, acronimo coniato al GPLab stesso per indicare le NEar Solar Surface reactions. Quest’ultima non è altro che l’ultima frontiera a cui il team di Graziano Tassinato sta lavorando: si tratta di studiare le reazioni chimico-fisiche che si sviluppano all’interno di bolle d’acqua in fase di cavitazione e che, pertanto, presentano condizioni simili a quelle presenti sulla superficie del sole (da cui il nome NESS). In altre parole, tanti piccoli soli che implodono in un bicchiere d’acqua. Il potenziale “reattivo” di una bolla d’acqua è ancora poco chiaro ma, sulla base di modelli matematici, il team ha appena ultimato la progettazione di un primo prototipo di reattore NESS. Dunque, la tecnologia apre interessanti ed eccitanti scenari per la chimica verde, l’energetica e l’ambiente: chissà quale ne sarà l’impiego.