Senza sinergia industriale è impossibile rendere più circolare l’industria delle plastiche. Nasce da questo presupposto la partnership tra Clearchem, azienda che da più di 20 anni opera nella compravendita di scarti plastici selezionati post-industriali e post-consumo, e Circularity, innovativa piattaforma digitale che accelera la transizione circolare delle aziende. L’unione delle forze nasce dall’interesse di Clearchem per la ricerca di scarti plastici il cui unico sbocco sia al momento la discarica o l’incenerimento, ma che possano diventare dal punto di vista normativo e pratico materia prima seconda o sottoprodotti. “Circularity ci fornirà una consulenza tecnica, regolatoria e commerciale sulle tante opportunità di upgrade di rifiuti plastici che ci sono – spiega Alessandro Fabbri, CFO di Clearchem – il nostro compito poi sarà quello di reimmettere sul mercato questa materia, che andrebbe altrimenti irrimediabilmente sprecata”.
Il
motore di ricerca di Circularity può contare già su una rete di oltre 20mila aziende e industrie che producono materiali di scarto o li possono utilizzare nei loro processi di produzione. La piattaforma della startup al 100% italiana, grazie al suo database georeferenziato, consente di trovare in pochi passaggi i partner migliori per dare nuova vita ai propri rifiuti. “Con il supporto del nostro team di esperti – commenta Camilla Colucci, co-founder e Amministratore di Circularity – facilitiamo il percorso delle imprese ad avviare dei circoli virtuosi per riutilizzare i materiali e ridurre al massimo gli sprechi. Con Clearchem abbiamo l’obbiettivo di valorizzare gli scarti plastici contribuendo attivamente alla transizione circolare dell’industria delle plastiche”.

Sfide aperte nel riciclo delle plastiche

Per una serie di congiunture gli attuali costi energetici hanno fatto aumentare i prezzi della plastica riciclata. “In questo momento acquistare plastica riciclata non è economicamente conveniente – dice Fabbri – Quella vergine ha un costo minore e le piccole imprese, che non hanno obblighi normativi di contenuto riciclato, scelgono l’opzione più economica”. Ma i grandi player, soprattutto nel mondo del packaging, sono disposti a pagare di più sia per motivi normativi che per strategie di marketing e, speriamo, anche per coscienza ambientale. Un esempio sono le bottiglie in PET che in Europa dal 2025 dovranno contenere almeno il 25% di plastica riciclata e dal 2030, almeno il 30%. “Il PET è uno dei materiali più richiesti. Purtroppo, come capita spesso durante queste fasi iniziali in cui vengono promulgate nuove leggi, l’industria fatica a tenere il passo e si creano una serie di disallineamenti. Al momento, l’offerta del PET riciclato per bevande è inferiore rispetto alla domanda crescente”.
Uno dei progetti sui cui sta lavorando Clearchem è la valorizzazione del filo interdentale come sottoprodotto. Alessando Fabbri ci spiega che essendo un poliaccoppiato i materiali sono difficili da separare, ma è fiducioso che, anche con l’aiuto di Circularity, si potrà ricavare della plastica commerciabile. L’azienda di Cerro Maggiore si occupa anche della vendita di prodotti innovativi. “Siamo partner di Aquapak che, grazie alla sua tecnologia Hydropol, rende una serie di prodotti plastici (film, tessuti non tessuti, laminati per applicazioni su carta/cartone e diversi tipi imballaggi ) riciclabili, biodegradabili e resistenti a solventi, grassi, oli e ossigeno”.

Immagine: Clearchem