“Stiamo assistendo a prove sempre più evidenti che l’intelligenza artificiale può rivelarsi uno strumento inestimabile nella lotta al cambiamento climatico. Dobbiamo sfruttarne il potenziale e dare potere agli innovatori nei Paesi in via di sviluppo”, ha dichiarato il segretario esecutivo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Simon Stiell durante la COP28 negli Emirati Arabi Uniti. L’occasione è stata quella del lancio della Innovation Grand Challenge, una sfida per il mondo della ricerca e dell’industria a lavorare per l’azione climatica.

Non è la sola sfida a cui computer, sensori, robot e intelligenze artificiali sono chiamati oggi a lavorare a fianco dell’uomo per la transizione ecologica. Dalle blockchain per la tracciatura di rifiuti e materie prime all’uso di digital twins nella gestione delle fonti rinnovabili intermittenti, dagli edifici intelligenti per ridurre i consumi alle AI per prevedere fenomeni meteo catastrofici, dai dati in tempo reale sulla deforestazione ai sistemi di manutenzione predittiva per ridurre costi ed emissioni, sono una pletora le applicazioni radicali e innovative delle tecnologie digitali per l’ambiente.

Mai in nessuna conferenza ONU (e le frequento stabilmente dal 2009) si era vista una tale presenza di aziende digitali, enti spaziali e investitori in digital clean tech. La lista di brand e istituzioni che lavorano sul tema è estesa: Google, ESA, IBM, Siemens, Dassault Sytemés, NASA, Microsoft, e tanti altri che troverete in questo numero.

Certo nessuna intelligenza artificiale si sostituirà a breve a quella umana (che stando a vedere gli impatti sul pianeta dimostra di attingere solo a una piccola parte del suo potenziale), né tantomeno all’azione reale di uomini e donne. Ma è sicuro che molte piccole e grandi rivoluzioni accadranno nei prossimi decenni, la maggior parte ancora da immaginare.

Intanto per provare a capire come sarà il nostro futuro tra policrisi ambientale ed età dell’intelligenza e dei corpi sintetici abbiamo intervistato lo scrittore cli-fi Kim Stanley Robinson e la ricercatrice tecno-umanista Kate Crawford, mostrando futuri ipotetici e analizzando le implicazioni che queste tecnologie già hanno nel nostro mondo, nell’economia e nella società.

Insieme alla scienziata Claire Monteleoni, pioniera nel campo dell’AI per il clima, esploriamo le potenzialità del machine learning nello studio delle dinamiche climatiche e per la mitigazione e l’adattamento. Con Giuseppe Borghi (ESA) e Christina Shim (IBM) andiamo a conoscere le applicazioni dirette di software e foundation models nella gestione delle energie rinnovabili e delle infrastrutture (grazie anche ai modelli BIM), e i sistemi predittivi nell’economia circolare. Non poteva mancare un’analisi della blockchain e altre tecnologie nella gestione dei flussi di materia e rifiuti, ma anche nei mercati delle compensazioni delle emissioni di CO2 con alcuni casi concreti.

Si tratta, tuttavia, di tecnologie che spesso hanno un impatto rilevante dal punto di vista ambientale, vista la loro essenza energivora e a elevata intensità materica. Il dado però è tratto, sempre più nazioni stanno regolamentando le tecnologie AI per far sì che servano alla transizione, senza ledere il diritto alla privacy. Sicuro sarà l’impatto nel mondo del lavoro: quale e quanto al momento non è ancora chiaro.

Quanto a noi di Materia Rinnovabile, abbiamo sperimentato, esclusivamente per questo numero, una collaborazione con l’intelligenza artificiale, assegnando l’editoriale di apertura a ChatGPT, il più famoso dei sistemi LLM (Large Language Model) e facendo elaborare la copertina a Midjourney, un algoritmo di intelligenza artificiale text to image.
Se usate bene, queste tecnologie saranno chiave nell’economia, nell’ambiente, nell’informazione. Sta a noi umani scegliere se farci affascinare, non tanto dalla macchina, quanto dal tecno-capitalismo e dalla cieca rincorsa del profitto senza scrupolo, deregolamentato e non condiviso. Per i big, da Microsoft a Google passando per OpenAI, sarà fondamentale seguire e promuovere regolamentazioni internazionali. Il principio di sicurezza, soprattutto su tecnologie così potenti, deve rimanere la nostra stella polare.

 

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