Nonostante l’entusiasmo iniziale e l’impegno per la transizione verso modelli circolari, i dati recenti rivelano un preoccupante calo del tasso di circolarità globale, che dal 9,1% del 2018 è sceso al 7,2% nel 2023. E nel 2024 si prevede un ulteriore decremento.

Questo trend evidenzia un urgente bisogno di riflessione, di ri-valutazione e di un rinnovato impegno per accelerare l’adozione dei principi dell’economia circolare, soprattutto considerando il loro potenziale nel fornire strategie e risposte alle crisi che stiamo oggi affrontando.

Soprattutto con la guerra in Ucraina è diventato più evidente il rischio di una crescente frammentazione, portata da una tendenza alla deglobalizzazione e ai conflitti geopolitici: in tempi di crisi, la sostenibilità e i temi correlati sembrano passare in secondo piano. A mio avviso, diversi fattori hanno contribuito in modo significativo al calo del tasso di circolarità negli ultimi anni.

Primo: mancanza di politiche coerenti e coordinate

Il progresso è costante, ma troppo lento. A livello globale negli ultimi anni sono state lanciate oltre 50 roadmap e strategie nazionali, e per tutte il secondo pacchetto UE sull’economia circolare (2020) ha dato un contributo davvero fondamentale. Tuttavia mancano coerenza e ambizione a livello nazionale e globale. Sebbene alcuni Paesi abbiano fatto passi da gigante nell’implementazione di pratiche circolari, a livello globale c’è un mosaico di approcci e normative diverse.

Questa mancanza di uniformità ostacola la scalabilità e l’impatto delle iniziative circolari, rendendo difficile per le aziende orientarsi nel complesso panorama normativo. Per superare questa sfida, è fondamentale che i governi collaborino e armonizzino le politiche, consentendo una transizione senza soluzione di continuità verso un’economia circolare.

Secondo: investimenti e sostegno finanziario ancora limitati

Proprio all’inizio del 2023, in occasione della Holland Circular Economy Week che ogni anno riunisce i principali stakeholder della transizione circolare, ci si lamentava del fatto che il “business case circolare sia ancora debole” e della mancanza di cospicui flussi di capitale, nonostante la situazione stia lentamente cambiando.

La transizione circolare richiede iniziative di investimento innovative (pubblico-private), in ricerca e sviluppo, nei progressi tecnologici e nel potenziamento delle infrastrutture. Tuttavia, molte imprese, in particolare quelle più piccole, faticano ad accedere ai finanziamenti necessari per attuare pratiche circolari.

Inoltre, i meccanismi di finanziamento tradizionali spesso non riescono a riconoscere i vantaggi economici e ambientali a lungo termine dei modelli circolari. Per affrontare questo problema, Governi e istituzioni finanziarie devono dare priorità ai meccanismi di finanziamento che supportano progetti di economia circolare e fornire incentivi alle imprese affinché adottino pratiche circolari.

Terzo: scarsa consapevolezza dei consumatori

Molti di noi vorrebbero che l’economia circolare diventasse il nuovo modello di consumo per il futuro. Ma questo è ancora un sogno: gran parte dei consumatori dà ancora la priorità alla convenienza e al prezzo rispetto alla sostenibilità. La limitata consapevolezza dei vantaggi dell’economia circolare, unita alla mancanza di informazioni facilmente accessibili, contribuisce a questo comportamento.

Per affrontare questa sfida è necessario intensificare le campagne di educazione e sensibilizzazione, sottolineando l’impatto positivo delle pratiche circolari sull’ambiente e sul benessere individuale. Anche le imprese svolgono un ruolo fondamentale promuovendo e offrendo alternative sostenibili ai consumatori, favorendo uno spostamento della domanda verso prodotti e servizi circolari.

Quali le azioni urgenti da intraprendere nel 2024 per una svolta circolare?

Mentre siamo fermi a questo bivio, emergono tuttavia segnali promettenti di una possibile accelerazione per la transizione circolare. Attualmente sono circa 50 i Paesi nel mondo che hanno implementato delle roadmap per l’economia circolare o ci stanno lavorando. Questo è il punto di partenza e il 100% dei Paesi dovrà al più presto sviluppare una propria roadmap.

Intanto, come prima cosa, sono entusiasta del potenziale dell'intelligenza artificiale per accelerare la transizione. L’AI può dimostrarsi molto utile nell’ottimizzazione dell’uso delle risorse, nel miglioramento dei processi di riciclo e nella progettazione di prodotti più durevoli e riutilizzabili. Ad esempio, nel settore alimentare, il valore potenziale sbloccato dall’intelligenza artificiale per la riduzione degli sprechi con strategie circolari ammonta a 127 miliardi di dollari all’anno nel 2030. Tuttavia, ci troviamo ora di fronte a un problema di “pattern recognition” per i potenziali investitori: la capacità di identificare opportunità promettenti è ancora in evoluzione.

Inoltre, i modelli Everything-as-a-service (XaaS) rappresentano un'altra opportunità di investimento da un miliardo di euro e creano vantaggi per tutti. Il prodotto come servizio consente infatti ai consumatori di utilizzare solo ciò di cui hanno bisogno on-demand, mentre per i produttori si riducono i costi e si ottimizzano le risorse. Questo modello incoraggia la progettazione di prodotti durevoli, riparabili e riciclabili, favorendo una relazione più sostenibile tra consumatori e beni. L’elaborazione di politiche intelligenti potrebbe potenziare la transizione da progetti pilota a modelli di business a tutti gli effetti, per rivoluzionare il consumismo come lo conosciamo oggi.

Infine, visto che andiamo verso un’economia sempre più dominata dai vincoli delle catene di fornitura – che si tratti di materie prime o di energia – l’economia circolare può offrire una soluzione integrale, promuovendo un uso più efficiente delle risorse, diminuendo la dipendenza dall’estrazione e dalle importazioni di materie prime e riducendo la pressione sulle catene di approvvigionamento.

Incorporando i principi circolari al centro dei sistemi economici, possiamo migliorare la resilienza contro gli shock dal lato delle catene di approvvigionamento e contribuire a un panorama economico più stabile e sostenibile. Speriamo di imboccare davvero la strada giusta nel 2024!

 

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Image: Rodrigo Kugnharski, Unsplash

 

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